Mario Draghi, il Presidente della BCE, ha ammesso per la prima volta giovedì 3 aprile che è probabile che nei prossimi mesi anche la BCE farà ricorso a politiche monetarie non-convenzionali e cioè alla stampa di moneta per acquistare titoli dal mercato, così come hanno fatto e stanno ancora facendo gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Giappone. L’Europa si sta pericolosamente avvicinando alla deflazione, la situazione più pericolosa che possa capitare ad un’economia, la più pericolosa anche perché nessun economista è mai riuscito a capire finora come se ne possa uscire senza grandi traumi. Draghi ha confessato che le sue peggiori paure si stanno avverando. La stagnazione economica è diventata realtà “ed è una stagnazione protratta, più lunga di quanto abbiamo previsto”. Cosa significa stampare moneta? Quali sono i pericoli inflazionistici insiti nella stampa di moneta? Perchè la creazione di moneta da parte della BCE potrebbe far uscire l’Italia dalla crisi?
Draghi non ha più ormai molte cartucce da giocarsi. Il problema non è più quello dell’inflazione ma della deflazione da tenere a distanza. Nell’ultimo anno l’inflazione è scesa dal 2,2% al 0,5% molto al di sotto dell’obiettivo della BCE del 2%. Le previsioni della BCE stessa sono che l’inflazione sarà in calo anche quest’anno. Molti ritengono però che la previsione per il 2013 sia troppo ottimistica. Cosa potrebbe fare la BCE con politiche monetarie convenzionali? Non molto. Una prima mossa potrebbe essere quella di ridurre ancora il tasso di interesse praticato alle banche, portandolo dallo 0,25% a zero. Una seconda mossa potrebbe essere quella di rendere negativo il tasso che la BCE paga sulle riserve obbligatorie delle banche. In pratica, le banche dovrebbero pagare per parcheggiare i propri soldi presso la BCE. Si spera così che comincino a fare di nuovo qualche prestito alle famiglie e alle imprese.
Come noto, dopo la crisi del 2008, le politiche monetarie dei paesi dell’Occidente hanno preso strade diverse. Da una parte una troika keynesiana, Stati Uniti, Giappone e Regno Unito che hanno fatto politiche monetarie decisamente espansive, dall’altra l’Europa che, sotto pressione tedesca, ha imposto politiche di austerità. Anche se non è possibile fare l’esercizio what if e cioè che cosa sarebbe successo negli Stati Uniti se non avessero adottato le politiche di quantitative easing o cosa sarebbe successo all’Europa se le avesse adottato anche lei, possiamo però fare un confronto sui risultati, cioè confrontare quello che è successo negli Stati Uniti con quello che è avvenuto in Europa. Intanto riportiamo quello che pensa sul what if uno come Bernanke nel suo ultimo discorso all’inizio di gennaio 2014 come Governatore della Fed prima di lasciare le redini a una donna, Janet Yellen. Bernanke ha difeso con forza il suo operato “Senza il nostro supporto monetario, la crescita economica avrebbe potuto essere molto più debole, o persino negativa. La gran parte delle ricerche supporta la conclusione che la combinazione di forward guidance, cioè l’indicazione delle linee future di politica economica, e acquisti massicci diasset ha aiutato la ripresa”.
Prima di fare il confronto tra USA e Europa, però, bisogna tener conto che sulle discussioni relative alle politiche monetarie e fiscali in Europa un vero e proprio dibattito è stato fino ad oggi quasi impossibile a causa di una particolare forma di paranoia che ha colpito le classi dirigenziali tedesche negli ultimi anni e che solo adesso sembra allentarsi. Ora persino il falco Jens Weidmann non esclude più a priori la stampa di moneta vedi qui. La maggioranza dei tedeschi ha un ricordo traumatico dell’inflazione che la colpì negli anni Venti (che tra l’altro, non fu causata da un’eccessiva stampa di moneta da parte del Governo vedi qui). Molti tedeschi, tra l’altro, sembrano aver dimenticato che il successo elettorale di Hitler, dal 2,6% dei voti nel maggio del 1928 al 34,7% nelle elezioni del luglio 1932 avvenne in un periodo in cui i prezzi decrescevano, cioè in un periodo di deflazione, non inflazione. Se il Cancelliere tedesco Bruning nel 1931 avesse avuto il coraggio di fare politiche espansive come quelle che iniziò a fare l’anno dopo il Presidente americano Roosevelt, e come Keynes gli aveva suggerito (vedi qui) forse la storia europea negli anni Trenta e Quaranta avrebbe potuto essere meno atroce.
Non so quanto i tedeschi abbiano coscienza che in alcuni Paesi sta crescendo un forte sentimento antitedesco e che la povertà risveglia sentimenti bellicosi. Questo sentimento antitedesco non è giusto. Bisogna riconoscere alla Germania i suoi meriti, non solo sul fronte dell’economia ma anche in quello della democrazia. Dal 1949 ad oggi si sono svolte 18 elezioni parlamentari ed è onestamente difficile fare il confronto con la Germania della prima metà del secolo scorso che sembra ormai solo un incubo del passato remoto (anche se non tanto remoto). Oggi la Germania non è soltanto la più potente economia del continente, ma è diventata anche un modello di grande, stabile e funzionante democrazia, con un ottimo sistema di welfare. Uno Stato federale modello in cui le istituzioni, sia a livello dei sedici Laender che a livello centrale, sembrano funzionare. Le preghiere che il teologo Dietrich Bonhoffer rivolse al suo Dio prima di essere impiccato nel campo di concentramento di Flossenburg all’alba del 9 aprile 1945, che la Germania del futuro non fosse mai più simile a quella del passato, sembrano essere state esaudite.
Eppure, l’assoluta indifferenza dei tedeschi verso i patemi economici di altri Paesi, ricorda per tanti versi l’indifferenza, la flemma, la leggerezza e infine la stupidità di coloro che regnavano nel 1914. Come fanno a non accorgersi che in alcuni Paesi come l’Italia, colpiti ferocemente dalla crisi come mai prima, cittadini senza lavoro, disinformati, manipolati da abilissimi demagoghi, fantasticano di paradisi nazionali con barriere non si sa di quale tipo per proteggersi dalla globalizzazione? Possibile che non si rendano conto che l’Italia è piena di economisti d’assalto che fanno finta di spiegare a un popolo confuso e impotente che tornare alla lira sia la migliore soluzione che abbiamo davanti? E in questo modo si esimono dal dibattere come dovrebbe essere l’Europa del futuro, un’Europa che potrebbe e dovrebbe essere più forte contro i mercati finanziari, finalmente democratica e solidale.
Poiché la Germania non è più quella di una volta, apprezza la democrazia e la libertà, dobbiamo per forza di cose essere ottimisti e credere che l’unico modo per aprire un dibattito vero e paritario su questioni che ci riguardano tutti, deve passare per un salto culturale, un serrato e coraggioso confronto sulle idee. Raccomando agli amici tedeschi la lettura del secondo capitolo del libro di John Stuart Mill quello dedicato alla libertà di pensiero e di discussione.
“Rimane ancora da discutere di una delle principali cause che rendono la diversità delle opinioni vantaggiosa, e continuerà a fare così fin quando l’umanità sarà entrata in uno stadio dell’evoluzione intellettuale che attualmente sembra lontano anni luce. Finora abbiamo considerato solo due possibilità: Che un’opinione possa essere falsa e l’altra vera. E anche se un’opinione è da ritenersi vera, una battaglia di idee con l’opposizione è essenziale per una sua chiara apprensione e per sentire nel profondo tutta la sua verità. Ma c’è un caso ancora più comune di questi due, e cioè quando due dottrine in conflitto, invece di essere una vera e una falsa, condividono la verità tra di loro. E l’opinione non conformista è necessaria per offrire il resto della verità all’opinione prevalente. Le opinioni prevalenti, su soggetti non apprendibili dai sensi, sono spesso vere, ma raramente tutta la verità. Sono parte della verità. A volte una parte più grande, a volte più piccola, ma quasi sempre esagerate, distorte, sganciate dalle verità dalle quali dovrebbero sempre essere accompagnate e limitate. Le opinioni eretiche, d’altra parte, sono di solito alcune di queste verità neglette che a volte sfondano i confini che le avevano tenute sepolte e o tentano di riconciliarsi con le opinioni prevalenti oppure si oppongono ai loro nemici con la stessa esclusività, come tutta la verità.”
Il pallino del futuro dell’Europa è oggi in gran parte nelle mani dei tedeschi. Speriamo abbiano l’immaginazione necessaria per non farci rivivere un altro incubo. Gli italiani, con cui in Europa i tedeschi si sono in passato spesso trovati d’accordo sulla necessità di procedere verso l’unione politica, potrebbero aiutarli a rendere memorabile la loro immaginazione. Se non sarà così, la Germania non sarà stata ancora una volta all’altezza.
Elido Fazi