Il segretario generale dell’Abi Sabatini: “Il semestre di presidenza italiano contribuisca a dettare l’agenda della Commissione. Bisogna lavorare per sviluppare un maggiore afflusso di capitali nell’economia reale che favorisca la ripresa”
Le istituzioni finanziarie italiane vogliono più Europa e che si proceda speditamente verso il completamento dell’Unione bancaria. È quanto chiede la FeBAF, la Federazione banche assicurazioni e finanza, a cui aderiscono tra gli altri Abi e Ania. “Quello che auspichiamo è che Bruxelles assicuri un ‘Level playing field’, per permettere a tutti gli istituti di competere ad armi pari, ovvero per la bravura e l’efficacia dei servizi offerti, non perché agevolate da norme nazionali più vantaggiose”, ha spiegato Murizio Sella, responsabile delle relazioni internazionali dell’Abi, in un incotro con la stampa a Bruxelles.
E ora col semestre di presidenza italiano il nostro Paese avrà un ruolo chiave in Europa, seppur in un periodo molto particolare con l’elezione del nuovo Parlamento e la formazione della nuova Commissione. “Dal punto di vista della produzione legislativa questa fase non consentirà l’approvazione di nuove regole ma crediamo che presidenza italiana potrà contribuire a dettare un’agenda per la Commissione e per le presidenze che la seguiranno”, ha detto Giovanni Sabatini generale dell’Abi.
I temi prioritari secondo la FeBAF sono gli Investimenti e i Fondi di Lungo Termine, su cui la proposta Eltif (European long term investment funds) è all’esame di Parlamento e Consiglio, la creazione di un sistema unico di protezione dei depositi bancari, ultimo pilastro dell’Unione bancaria, e infine un’adeguata attuazione di Solvency II, la direttiva per la gestione del rischio nel settore assicurativo. Tenendo presente però che, ha sottolineato il segretario generale della FeBaf, Paolo Garonna FeBaf, “non bisogna cadere nella over regulation, perché non bisogna dimenticate che le regolazioni hanno un costo, vanno implementate, bisogna clibrarle bene”.
Per Sabatini c’è poi bisogno di individuare “strumenti per favorire l’afflusso a medio e lungo termine dei capitali necessari a sviluppare gli investimenti necessari per far ripartire crescita e occupazione”. In questo l’Italia dovrebbe affrontare anche problemi strutturali come la difficoltà nel finanziamento alle Pmi, la base della nostra economia. “Adesso il nostro sistema è troppo incentrato sui prestiti dalle banche mentre in altri Paesi i finanziamenti sul mercato sono superiori” ha sottolineato Sabatini. In Italia, gli ha fatto eco Sella, “le banche danno alle Pmi credito pari al 60% delle loro passività mentre la media europea è 40/45%. Le ragioni principali sono due: innanzitutto hanno maggiori patrimoni, e poi hanno maggiori strumenti di mercato che facilitano il passaggio a questo metodo di finanziamento che è chiaramente più complesso e va quindi agevolato in qualche modo”.
“Ma per incidere efficacemente nelle scelte di Bruxelles dobbiamo fare quello che finora non siamo riusciti a fare: maggiore gioco di squadra”, ha auspicato Dario Focarelli, direttore generale di Ania, secondo cui è assurdo che nella commissione parlamentare Problemi economici di Strasburgo “ci siano solo due italiani, addirittura meno della Grecia che ne ha tre, per non parlare di Gran Bretagna e Germania che ne hanno 7 e 8”. In questo le prossime elezioni europee potrebbero aiutare a cambiare le cose ma a patto che nelle liste ci siano “candidati che puntino a venire a Bruxelles per lavorare con passione e competenza su dossier finanziari che hanno livello tecnicismo spinto, e sono quindi considerati tra i più spinosi, ma hanno a che fare molto più di tanti altri con vita dei cittadini di tutti i giorni”, ha aggiunto Focarelli.
Alfonso Bianchi