Il segretario generale Angel Gurria: “La riduzione del debito pubblico dipende dalla qualità degli interventi”. E in Europa non c’è rischio deflazione, al massimo bassa inflazione
Dopo anni di annunci, impegni e promesse, si mettano in atto le riforme necessarie a soddisfare i criteri comunitari e a far ripartire il Paese. E’ l’invito rivolto all’Italia dal segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, in occasione della presentazione del rapporto sull’andamento economico della stessa organizzazione. All’interno dell’Eurozona “c’è un livello di debito pubblico troppo elevato in alcuni paesi, come Grecia, Irlanda, Italia o Portogallo”. Il caso italiano, riconosce Gurria, è per certi aspetti unico. “Numericamente è un debito elevato, ma per la sua struttura, la sua natura, e per i suoi creditori è un debito gestibile”. A patto che si facciano le riforme.
“Nel caso dell’Italia l’impegno per le riforme è stato una costante negli ultimi tre anni”. Eppure a dispetto di tanti proclami e di tante parole “solo alcune riforme sono state realmente avviate”. Il nostro paese, ragiona ancora il numero uno dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo e conomico, ha visto “leggi approvate ma non attuale, leggi respinte dal partito di Silvio Berlusconi, proposte di riforme annacquate in Parlamento” nel corso dell’iter legislativo. Ora l’auspicio e l’obbligo è che Matteo Renzi “proceda con un più ampio spettro di riforme”, anche perchè “dipendera da queste e dalla loro qualità” il mantenimento dell’impegno di riduzione del debito di un ventesimo l’anno a partire dal 2016, come previsto dal trattato di bilancio europeo.
A livello più generale, la situazione mostra miglioramenti. Nell’Unione europea come nell’Eurozona, “dopo anni di difficoltà si iniziano a vedere i primi risultati” positivi, ma molto rimane da fare. “Il potenziale di crescita di Pil dell’Eurozona si attesta attorno all’1%, quando potrebbe essere dell’1,6-1,7%”. Va liberato il potenziale di crescita e favorito l’accesso al credito per le imprese, senza rinunciare al consolidamento dei conti pubblici. “Molti vedono il rischio di pressioni deflattive, ma non sto perdendo il sonno per la deflazione”, rimarca Gurria. “Mi preoccupa molto di più il consoldimento”. Quindi precisa, per spazzare il campo da equivoci. “Il problema comunque si pone, ma non vedo rischi imminenti di deflazione. Nel medio termine non vedo un rischio di deflazione, quanto di un basso livello di inflazione”.
Renato Giannetti