Ascoltato al Parlamento europeo il ministro degli Esteri Nabil Fahmi, chiede il sostegno dell’Europa verso una transizione democratica per “diventare egiziani migliori”. Però sia chiaro: “Gli egiziani non diventeranno europei, così come voi non diventerete egiziani”
Il Paese “deve progredire”, “sta cercando la sua identità politica” e l’Europa può dare un contributo importante: “Aiutateci a diventare egiziani migliori”. È questa la richiesta che il ministro degli Esteri egiziano, Nabil Fahmi, rivolge agli eurodeputati della commissione Affari esteri che oggi lo hanno incontrato al Parlamento europeo. La fase per l’Egitto, che si prepara a tornare al voto per la sesta volta in poco più di tre anni, è delicata e le obiezioni dei parlamentari sono tante, specialmente dopo le 529 condanne a morte emesse a carico di Fratelli musulmani, sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi. Riflessioni che l’Egitto, assicura Fahmi, accoglie con piacere: “Siamo ben lieti di sentire le opinioni degli altri, specialmente degli europei che sono nostri vicini immediati”, assicura. Ma con i dovuti limiti: “Siamo all’interno del nostro sistema nazionale e tutto avviene nel rispetto delle nostre normative”, tiene a sottolineare il ministro degli Esteri, ricordando che è importante partire da un presupposto: “Gli egiziani non diventeranno europei, così come voi non diventerete egiziani”. Insomma l’Europa deve capire che non può voler “gestire la situazione a livello interno” ma può dare un altro tipo di aiuto: “Potete aiutarci a costruire le autorità pubbliche” chiede Fahmi, a partire dal Parlamento, per proseguire con tutte le altre.
Sulle 529 condanne a morte di Fratelli Musulmani, duramente criticate da molti eurodeputati, il rappresentante del governo egiziano ammette: “E’ una decisione grave” ma “vorrei che si mettesse a verbale che non c’è una condanna, non esiste”. Per il momento, spiega Fahmi, il tribunale ha inviato al Gran Muftì, la più grande autorità sunnita egiziana, i dossier per chiedere se la pena di morte è applicabile o meno. Quando arriverà questo parere, continua il ministro degli esteri, sarà il tribunale a dover decidere. Poi ci sarà la possibilità di presentare appello e, fatti tutti questi passaggi, la questione arriverà al capo dell’esecutivo che dovrà decidere se confermare la sentenza oppure no. “Rispetto le vostre posizioni sulla pena di morte” e “capisco le vostre preoccupazioni davanti alle cifre”, concede Fahmi che però tira dritto per la sua strada: “Per il momento la pena capitale è prevista dalla legge” egiziana e su questo ci si basa.
Ma per diversi eurodeputati il problema è più complesso di quello, seppure gravissimo, delle 529 condanne e riguarda la democrazia e lo stato di diritto in Egitto. Il colpo di stato dello scorso 3 luglio, guidato da Abdul-Fattah al-Sisi, oggi ministro della difesa del governo ad interim, che ha già annunciato la sua candidatura per le presidenziali di maggio, è stato seguito da mesi di durissima repressione contro gli oppositori del governo e in particolare contro i Fratelli Musulmani, movimento dichiarato anche fuori legge. “Chiunque mette al primo posto l’identità nazionale, rispetta la costituzione ed è pacifico troverà posto in Egitto, altrimenti siete voi ad escludervi da ogni processo”, risponde Fahmi alle preoccupazioni dei deputati. La colpa insomma è dei Fratelli Musulmani stessi: guardando attentamente, assicura il ministro degli esteri, “capirete che è la loro ideologia ad essere esclusiva, perché esclude chi non la pensa come loro”. Sta quindi a loro decidere: “Se rispettano un atteggiamento pacifico, saranno coinvolti”.
Letizia Pascale