Il presidente del Cese a Eunews: i successori di Barroso e Van Rompuy cambino attitudine
“Come cittadino europeo sono indignato per l’accoglienza riservata al presidente cinese Xi Jinping”. Henri Malosse è il presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), e soprattutto il primo presidente di un’istituzione europea ad aver ufficialmente incontrato la massima guida politica e spirituale, il Dalai Lama, in un viaggio in India che ha segnato un punto di svolta nella storia politica europea. Viceversa, nel giorno della visita del presidente cinese ai leader dell’Ue e dopo aver salutato i partecipanti a una manifestazione di protesta dei tibetani, racconta a eunews, l ‘Unione europea ancora non ha il coraggio di affrontare e sfidare la Cina sui terreni del rispetto dei diritti umani e della questione tibetana. Tace per convenienza, ovviamente economica, abbandonando i tibetani al loro destino applicando “due pesi e due misure” che “non possono” essere accettati.
Quanto incidono le ragioni e gli interessi economici dell’Unione europea nei rapporti con la Cina riguardo al tema del Tibet?
L’Unione europea non ha un’attitudine coraggiosa e non ha una posizione comune su questo. Questi sono i due aspetti che denuncio. L’Europa non ha il coraggio di parlare con la Cina delle questioni tibetana e del rispetto dei diritti umani in nome del commercio e dei contratti. Il presidente degli Stati Uniti Obama ha ricevuto il Dalai Lama, e gli Stati Uniti hanno rapporti commerciali con la Cina esattamente come ce li ha l’Unione europea. Eppure i presidenti delle istituzioni comunitarie il Dalai Lama non l’hanno mai ricevuto.
Riguardo all’assenza di una posizione comune qual è il problema?
L’Europa ha ancora sensibilità troppo diverse al suo interno. Il Dalai Lama è stato ricevuto dai governi di Repubblica ceca e Austria, ma non da quelli francese e tedesco.
Da questo punto di vista teme che i problemi di politica interna di alcuni paesi membri possano incidere sulla politica europea a favore del Tibet?
Non credo che le due situazioni siano paragonabili. L’Europa e la Cina sono due realtà differenti.
Penso a paesi come la Spagna, dove catalani e baschi da sempre reclamano l’indipendenza. Non teme che i governi di questi paesi possano far mancare il proprio sostegno alla causa tibetana per via delle spinte autonomistiche ed indipendentistiche interne?
Guardi, io sono corso. Solo ieri per la prima volta un candidato di un partito indipendentista ha vinto le elezioni in una grande città dell’isola (si tratta di Gilles Simeoni, che ieri ha vinto a Bastia con il 55% dei voti, ndr). In Cina partiti autonomisti o indipendentisti come quelli francesi, corsi, spagnoli nemmeno esistono, e non hanno la possibilità di partecipare ad elezioni. La situazione è dunque molto diversa: in Cina non ci si può esprimere.
I tibetani chiedono che si riprenda il dialogo, e l’hanno fatto presente anche all’Ue che però non sembra essere ricettiva. Cosa deve attendersi il movimento tibetano dall’Unione europea.
Un’azione decisa per la ripresa del dialogo. L’Ue non può applicare due pesi e due misure. E’ una cosa assurda.
Ne ha parlato con i presidenti Josè Manuel Barroso ed Herman Van Rompuy?
Si
E quale risposta ha avuto?
Data la natura privata dei colloqui non posso dirlo. Posso comunque dire che il messaggio è passato.
Ne parlerà anche ai loro successori?
Certamente, e mi auguro si possa avere un cambio di attitudine.
Emanuele Bonini
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