Nel giorno della visita del presidente cinese gli attivisti dell’International Campaign rappresentano “l’immagine che vorremmo vedere” ma che nessuno ha ancora interesse a far divenire realtà
Avviare un dialogo per una soluzione politica delle questioni delle minoranze interne, aprendo un nuovo capitolo della storia sino-tibena. Nel giorno della visita ufficiale del presidente Xi Jinping a Bruxelles, la comunità tibetana del Belgio e International campaign for Tibet (Ict) protestano e manifestano davanti la sede del Parlamento europeo, per chiedere alle istituzioni comunitarie maggiore attenzione su un tema ancora tenuto fuori dall’agenda comunitaria. “Da quanto Xi Jinping è diventato presidente la situazione del rispetto dei diritti umani è peggiorata anziché migliorare”, grida alla numerosa folla Vincent Mettent, direttore delle Politiche comunitarie di International campaign for Tibet, secondo cui “da questo punto di vista il nuovo presidente cinese ha già fallito”.
Ma per il movimento tibetano finora ha fallito anche l’Unione europea, poco attenta al problema e per nulla incisiva nella sua azione sulla Cina. “Svegliatevi leader del mondo”, uno degli striscioni esposti al centro di place Luxemburg. “L’Ue deve farsi sentire e portare la Cina a essere più responsabile”, continua Mettent. L’Ue deve favorire quel dialogo che manca tra le autorità cinesi e le minoranze.
“Il presidente Xi incontra il Dalai Lama”, lo slogan della manifestazione impresso sopra un fotomontaggio a grandezza naturale dei leader di Cina e Tibet dislocati per tutti il perimetro dell’area della manifestazione. La richiesta è stata avanzata dal movimento tibetano in una lettera aperta inviata ai presidenti di Commissione e Consiglio europeo, José Manuel Barroso e Herman Van Rompuy. Inviata loro due settimane fa, la missiva non ha però avuto risposta. “Non dico che ce lo aspettavamo, ma certo non ci sorprende”, confida un responsabile organizzativo. “Del resto ‘per motivi di sicurezza’ ci hanno impedito di organizzare un corteo che partisse da qui per arrivare davanti la Commissione…”, rivela.
I ‘motivi di sicurezza’ sono i soliti: evitare di infastidire l’ospite cinese. Xi Jinping per fare visita al presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha utilizzato l’ingresso di rue Wiertz: i manifestanti anti-cinesi non li ha nemmeno visti, la loro dimostrazione è stata tenuta a ‘distanza di sicurezza’, volutamente lontana dagli occhi del leader cinese. Ma a quella parte di Parlamento che si affaccia su place Luxemburg il movimento tibetano ha spiegato cosa bisogna fare. Lo ha fatto con le immagini, più incisive di tante parole. Oltre al fotomontaggio che raffigura il Dalai Lama e il presidente cinese che si stringono la mano, hanno anche messo in scena il gesto. Un uomo in giacca e cravatta con una maschera di cartapesta raffigurante Xi Jinping ha stretto la mano a un altro uomo vestito come il Dalai Lama. “Questa è l’immagine che ci piacerebbe vedere”, chiosa il direttore politiche Ue di Ict. “L’aumento dei flussi commerciali non può avvenire a scapito dei tibetani”.
Sulla piazza i tibetani si sottopongono alla rasatura dei capelli. Un gesto simbolico, dimostrativo e allo stesso tempo di protesta: il sacrificare sé stessi per la causa tibetana e il perdere libertà e identità. Per un attimo viene esposta una bandiera tibetana con all’interno il profilo di rivoltosi e la scritta “Rise up. Resist. Return” (in italiano: “Ribellarsi. Resistere. Ritornare”). Una bandiera che mostra le divisioni del movimento tibetano, un movimento all’interno del quale, per alcuni, l’esasperazione per un conflitto insoluto crea pulsioni non proprio in linea con la filosofia non violenta professata in questi decenni dal Dalai Lama. Pulsioni usate dai cinesi come pretesto per rifiutare ogni dialogo. “Siamo qui per chiedere che Xi Jinping avvi il dialogo”, ribadisce allora Henri Malosse, primo e unico presidente di un’istituzione europea – il Cese – a far visita al Dalai Lama. Ma lo ribadisce al pubblico che ha di fronte, mentre alla sue spalle il diretto interessato, Xi Jinping, ha già lasciato il Parlamento europeo senza essere visto e senza vedere.
Emanuele Bonini