Se, come tutto lascia prevedere, il voto ci sarà, la riunione dei ministri degli Esteri dei Ventotto varerà un pacchetto di misure punitive verso la Russia. Mosca ribadisce: “Pronti a intervenire a difesa dei connazionali”. E Kiev denuncia: “80 mila soldati ai confini”
Per evitare il muro contro muro tra Russia e Occidente una strada, soltanto una, ancora ci sarebbe: cancellare il referendum di domenica in Crimea. Su quanto questa via possa essere percorribile, a poche ore dal voto, nessuno si fa più illusioni, eppure si tenta ancora un ultimo pressing. “Non è troppo tardi” per cancellarlo, dice il segretario degli Esteri britannico, William Hague mentre a Londra il segretario di Stato americano, John Kerry incontra il responsabile della diplomazia del Cremlino, Sergey Lavrov. Ma la situazione, Kerry lo ha già ammesso, è “molto difficile” e così ci si prepara ad affrontare gli scenari peggiori.
Lo fanno gli Stati uniti, pronti a intraprendere da lunedì passi “molto seri” contro la Russia, e lo fa anche l’Unione europea che lo stesso giorno, in occasione del Consiglio affari esteri, è pronta a dare corso alla minaccia lanciata nel vertice straordinario dei capi di Stato e di governo della Settimana scorsa. In assenza di una “de-escalation”, avvertivano le conclusioni del Consiglio, l’Ue varerà un pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca. E, a meno di sorprese in cui nessuno confida più, è proprio quello che succederà.
“Si sta lavorando per essere pronti a varare sanzioni”, spiegano fonti europee: “Teoricamente si potrebbero ancora evitare”, con la cancellazione del referendum ma “questa sembra la cronaca di una morte annunciata: il referendum ci sarà, noi imporremo le sanzioni e poi si comincerà a ragionare, si spera”. Impossibile infatti prevedere se Mosca vorrà reagire imponendo a sua volta sanzioni nei confronti dell’Occidente: “Quando inizi questo gioco non si sa dove si va a finire”, ammettono fonti europee.
Da definire restano soltanto “i criteri da utilizzare e chi dovrebbe rientrare nella lista delle sanzioni”. Le persone da colpire, dovrebbero essere individuate secondo gli stessi criteri già utilizzati per imporre sanzioni ai membri dell’ex governo ucraino, vicini a Yanukovich: coloro che si sono resi “responsabili di violenze, violazioni dei diritti umani e uso eccessivo della forza”. Di sicuro, in questa prima lista di nomi, non comparirà quello del presidente russo, Vladimir Putin, ma sugli altri nomi che stanno circolando in queste ore sulla stampa internazionale, come quelli dei vertici di Gazprom, non ci sono conferme.
Se, come tutto lascia prevedere, il referendum ci sarà, nessun Paese si tirerà indietro dalle sanzioni, assicurano fonti Ue. La linea dell’Italia tuttavia rimane, come quella della Germania, più dialogante rispetto a quella di molti altri Stati. “È inimmaginabile – ha spiegato in un’intervista al Messaggero il ministro degli Esteri, Federica Mogherini – una nuova guerra fredda o un conflitto aperto in Europa. La federazione Russa è un partner cruciale dell’Ue e parte dello stesso G8”.
Ma da Mosca non arriva nessuno sforzo per fare diminuire le tensioni, anzi. Ancora oggi il ministero degli Esteri russo ha diffuso una nota per ribadire che la Russia si riserva il diritto di intervenire a difesa dei connazionali minacciati nell’est dell’Ucraina, visto che le autorità di Kiev hanno perso il controllo del Paese e non sono in grado di fornire la sicurezza di base. Le dichiarazioni arrivano all’indomani degli scontri scoppiati a Donetsk, nell’est dell’Ucraina, tra manifestanti pro e anti Russia, in cui una persona è morta e 29 sono rimaste ferite. Intanto i soldati russi nella zona sono sempre più numerosi. Secondo le denunce di Kiev, Mosca avrebbe ammassato ai confini ucraini 80mila soldati, “una minaccia di invasione su larga scala”.
Sempre lunedì nel corso della riunione dei ministri degli esteri Ue, si dovrebbe finalizzare la decisione di firmare la parte politica dell’accordo di associazione con l’Ucraina, così come deciso dal Consiglio straordinario della settimana scorsa. La firma potrebbe poi essere formalizzata nel corso del Consiglio europeo di 20 e 21 marzo ma tutto resta ancora da definire.
Letizia Pascale
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