dall’inviata a Strasburgo Letizia Pascale
Per l’Unione europea, la protezione dei dati personali dei cittadini deve essere prioritaria, anche più dell’accordo commerciale con gli Stati Uniti, che pure potrebbe portare alle casse europee circa 120 miliardi di euro l’anno. È questa la posizione del Parlamento europeo che in Plenaria ha approvato una risoluzione che chiude sei mesi di indagini sulle attività di spionaggio statunitensi ai danni dell’Europa. Secondo il testo, approvato a larga maggioranza (544 voti contro 78, con 60 astensioni), il Parlamento dovrebbe rifiutare il suo consenso all’accordo commerciale fino a che non siano pienamente rispettati i diritti dei cittadini Ue. L’accordo, recita la risoluzione “potrebbe essere minacciato fino a quando la coltre delle attività della sorveglianza di massa, le intercettazioni delle comunicazioni nelle istituzioni dell’Ue e le rappresentanze diplomatiche non saranno completamente fermate”. In ogni caso, secondo i deputati, la protezione dei dati dovrebbe essere esclusa dai negoziati.
I deputati hanno anche chiesto “l’immediata sospensione” dei principi sulla privacy del Safe Harbour, l’accesso a dati personali di cittadini europei a scopi commerciali da parte delle aziende americane. Questi principi “non provvedono a un’adeguata protezione dei cittadini europei”, affermano gli europarlamentari, esortando gli Stai Uniti a proporre nuove regole per il trasferimento dei dati personali che soddisfino i requisiti Ue. Anche il programma finanziario di controllo del terrorismo dovrebbe essere sospeso finché le accuse nei confronti delle autorità statunitensi riguardo l’accesso a dati bancari dei cittadini europei fuori dal contratto siano chiarite.
“Le rivelazioni di Snowden ci hanno dato la possibilità di reagire”, commenta il relatore Claude Moraes (S&D): “Spero che trasformeremo quelle reazioni in qualcosa di positivo e duraturo nel prossimo mandato del Parlamento, in una legislazione sulla protezione dei dati di cui tutti possiamo essere orgogliosi”.
E proprio sulla creazione di norme più efficaci per proteggere la privacy dei cittadini europei oggi è arrivato il primo via libera del Parlamento. I deputati hanno approvato due provvedimenti per la riforma della protezione dei dati europea: il regolamento attualmente in vigore risale infatti a 19 anni fa, mentre si sono moltiplicate le minacce e le sfide poste dalle nuove tecnologie.
Per meglio proteggere i cittadini dell’Ue dalle attività di sorveglianza, i deputati hanno modificato le norme sul coinvolgimento di imprese (ad esempio un motore di ricerca o un social network) che dovrebbero, secondo le nuove regole, chiedere un’autorizzazione preventiva all’autorità nazionale di protezione dei dati prima di poter divulgare i dati personali di un cittadino dell’Unione in un paese non membro. L’azienda sarebbe anche tenuta ad informare la persona interessata della richiesta.
Per chi trasgredisce, il Parlamento chiede sanzioni pesantissime: fino a 100 milioni di euro o fino al 5% del fatturato mondiale annuo (si applicherebbe la sanzione più gravosa delle due). Punizione ben più grave di quella proposta dalla Commissione europea che chiedeva sanzioni fino a 1 milione di euro o fino al 2% del fatturato mondiale annuo.
Le nuove norme dovrebbero anche proteggere maggiormente i dati su Internet. Le salvaguardie introdotte includono il diritto di cancellare i propri dati, nuove restrizioni sul “profiling” (cioè i tentativi di analizzare o prevenire il comportamento di una persona sul posto di lavoro, la situazione economica) e l’obbligo per le società di usare un linguaggio chiaro e semplice per le regole sulla privacy. Ogni fornitore di servizi internet che desidera trattare dati personali dovrebbe ottenere prima liberamente un consenso esplicito e ben informato della persona coinvolta.
La riforma della protezione dati europea approvata dal Parlamento è però soltanto una prima lettura. Fino ad ora, nonostante trattative durate oltre due anni e mezzo, il Consiglio non ha trovato una posizione comune e sarà a questo punto impossibile arrivare ad un risultato concreto entro fine legislatura. Così l’Aula ha deciso di votare la prima lettura del progetto di legge per consolidare il lavoro fatto finora e trasmetterlo al prossimo Parlamento. Starà ai nuovi deputati decidere se ricominciare da questo punto o ripartire da zero.
“Ho un messaggio chiaro al Consiglio: ogni ulteriore rinvio sarebbe irresponsabile. I cittadini europei si aspettano da noi di procedere all’adozione di una forte regolamentazione sulla protezione dei dati in tutta l’Ue. Se ci sono alcuni Stati membri che non vogliono concludere dopo due anni di negoziati, la maggioranza dovrebbe andare avanti senza di loro”, ha chiesto Jan Philipp Albrecht (Verdi), relatore del regolamento generale della protezione dati (approvato con 621 voti a 10 con 22 astensioni). Polemico con il Consiglio anche Dimitrios Droutsas (S&D), relatore della direttiva sulla protezione dei dati personali per la sicurezza (approvata con 371 voti a 276, con 30 astensioni): “Permettetemi di esprimere la mia insoddisfazione e frustrazione – ha detto – per il fatto che è il Consiglio, o almeno alcuni Stati membri, la ragione per cui non saremo in grado di raggiungere l’obiettivo che ci eravamo prefissati, vale a dire approvare la riforma del pacchetto protezione dati entro la fine del mandato di questo Parlamento”.
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