Una conversazione di Mario Anton Orefice con il cardiologo Pietro Delise sulle morti improvvise nello sport e nella vita di tutti i giorni
In inglese ha un nome da spy story, “sudden death”, in italiano “morte improvvisa”: un corto circuito del cuore, la “luce” si spegne e, spesso, non c’è niente da fare. La causa non è un infarto, un’ostruzione delle arterie coronariche, ma malattie dai nomi più complicati e molto subdole, spesso di origine genetica, che agiscono sugli impulsi elettrici da cui dipendono le contrazioni.
Nel libro “Quando il cuore si ferma – conversazione con Pietro Delise” di Mario Anton Orefice, appena uscito per i tipi di Studio di Scrittura, si raccontano i casi famosi e drammatici di Antonio Puerta, il ventiduenne difensore del Siviglia, che il 25 agosto del 2007, in campo contro il Getafe, perde conoscenza e si accascia sull’erba; del centrocampista del Camerun Marc Vivien Foe; dell’imprenditore trevigiano della bicicletta Andrea Pinarello; del campione della pallavolo italiana Vigor Bovolenta; del centrocampista del Livorno Piermario Morosini.
Pietro Delise, primario del reparto di cardiologia dell’Ospedale di Conegliano, in provincia di Treviso, è uno dei maggiori esperti internazionali di aritmie e morte improvvisa. Non si lascia sfuggire il minimo indizio, come un bravo commissario, come Montalbano: età, peso, malattie, lavoro, abitudini, parenti, esami. Deve trovare il “killer” prima che sia troppo tardi. Molti indizi sono presenti nell’elettrocardiogramma, a patto che si possiedano le competenze per interpretarlo, nella storia familiare del paziente e nei sintomi: uno svenimento, un’aritmia, una sincope.
Per Gianni De Biasi, allenatore della nazionale di calcio albanese: “Quando a cadere in uno stadio è un professionista, un ragazzo super allenato, il tonfo è di quelli che fanno il giro del mondo in pochi minuti. Non ci si crede e non si dimentica. Questo è un libro per giocare la partita più importante.”
La pubblicazione spiega con linguaggio divulgativo le cause scientifiche di questo drammatico evento; l’importanza della propria storia familiare: se si è verificato un caso di morte improvvisa è meglio sottoporsi a un elettrocardiogramma. Racconta delle ricerche cliniche che non trovano finanziamenti, per esempio quelle sugli “angeli custodi del cuore” che permettono a persone con tutti i fattori di rischio di vivere cent’anni; della sindrome di Highlander che trasforma sedentari cinquantenni in infaticabili ciclisti o maratoneti. Riassume la storia della cardiologia, dagli egizi al fisiologo olandese Willem Einthoven, l’inventore del primo elettrocardiografo, senza trascurare i rivoluzionari interventi del chirurgo-barbiere parigino Ambroise Paré, né le considerazioni di Cartesio che, nel suo Discorso sul metodo, scriveva :”Dio formando il corpo umano ha posto nel cuore uno di quei fuochi senza luce (…), di natura non diversa dal fuoco che scalda il fieno riposto al chiuso prima che sia secco, o che fa ribollire il vino nuovo quando lo si lascia fermentare sui raspi.”
Ezio Baldari