Il meccanismo consentirà di instaurare un dialogo con il Paese membro interessato per evitare i casi di “sistematica violazione”. Per il futuro della politica di giustizia europea l’esecutivo Ue vuole più “fiducia, mobilità e crescita”
Affrontare le minacce sistemiche allo Stato di diritto in uno qualsiasi dei Ventotto Stati membri, intervenire quando sono compromessi “l’integrità, la stabilità e il corretto funzionamento delle istituzioni e dei meccanismi istituiti a livello nazionali per garantirlo”. A questo servirà la nuova procedura adottata oggi dalla Commissione europea e presentata a Strasburgo dal presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, affiancato dalle responsabili giustizia, Viviane Reding, e affari interni, Cecilia Malmstrom. Permetterà di correre ai ripari quando, come già successo in Ungheria e Bulgaria, vengano adottate controverse riforme costituzionali.
In casi come questi scatterà una sorta di meccanismo di preallarme che permetterà alla Commissione di avviare un dialogo con lo Stato membro interessato per evitare l’escalation delle minacce sistemiche allo Stato di diritto. Il nuovo quadro sullo Stato di diritto sarà complementare rispetto alla procedura di infrazione, che si applica in caso di violazione del diritto dell’Ue e alla cosiddetta procedura “articolo 7” del trattato di Lisbona che, al massimo, consente la sospensione dei diritti di voto in caso di “violazione grave e persistente” dei valori dell’Ue da parte di uno Stato membro. La Commissione avrà insomma la possibilità di agire in tre fasi, prima di ricorre all’attivazione dell’articolo 7 del Trattato, definito da Barroso “l’arma atomica” contro le violazioni.
“Lo Stato di diritto è uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione europea”, sottolinea il Presidente Barroso: “Personalmente – aggiunge – ho costantemente indicato l’esigenza di un quadro normativo migliore che consenta all’Ue di intervenire con tempestività e trasparenza in caso di gravi minacce sistemiche allo Stato di diritto in uno Stato membro. Oggi la Commissione realizza questo impegno”.
Da Strasburgo la Commissione approfitta anche per esporre la sua visione di come deve essere la futura politica di giustizia dell’Ue. L’obiettivo per il futuro è quello di progredire ulteriormente verso la realizzazione, entro il 2020, di uno spazio comune europeo di giustizia pienamente operativo basato sulla fiducia, la mobilità e la crescita. Costituito solo nel 2010, il portafoglio Giustizia, secondo l’esecutivo ha fatto “passi da gigante” ma per il futuro ci sono ancora “sfide fondamentali”: rafforzare la fiducia reciproca nei sistemi giudiziari tra i 28 paesi dell’Unione, agevolare la mobilità e contribuire alla crescita economica.
“Abbiamo fatto molta strada – dice Viviane Reding – ma il cammino per sviluppare un vero spazio europeo di giustizia è ancora lungo. Gettare ponti tra i diversi sistemi giudiziari significa costruire la fiducia. La fiducia nei rispettivi sistemi giudiziari è indispensabile per il funzionamento ottimale di un vero spazio europeo di giustizia. Altre due sfide, tuttavia, richiedono attenzione: la mobilità di imprese e cittadini europei in uno spazio senza frontiere interne e il contributo della politica di giustizia dell’Unione alla crescita e all’occupazione”.
L.P.