Il ministro dell’Economia incalza i colleghi all’Ecofin in una riunione tutt’altro che in discesa
Secondo il tedesco Schaeuble “ci sono ancora molti nodi da sciogliere”
Sul secondo pilastro dell’Unione bancaria, il meccanismo di risoluzione delle crisi degli istituti di credito, c’è ancora molto da fare. L’intervento del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, al consiglio Ecofin lascia intendere che i lavori a Bruxelles non saranno né semplici né rapidi. “La mia impressione è che ci siano ancora troppe complicazioni sul processo decisionale e sul processo di voto”, sostiene il titolare del Tesoro, che chiede agli altri ministri dell’Economia e delle Finanze correzioni. “Incoraggio i colleghi a fare sforzi per una semplificazione”, perché da questo dibattito in corso “bisogna mandare un segnale non solo sulla rapidità di mutualizzazione ma anche sui meccanismi decisionali e la semplificazione delle procedure”. Per l’Italia il meccanismo di risoluzione deve essere snello per poter essere efficacie e, soprattutto, credibile.
I ministri dei Ventotto cercano un accordo in una riunione che non dà ampi margini: o si chiude entro fine mese o non ci sarà alcun accordo col Parlamento europeo. Per arrivare a una conclusione prima delle elezioni europee le tappe sono segnate. E forzate. La discussione si annuncia serrata, anche perché “ci sono ancora molti nodi da sciogliere”, come ha ammesso il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble.
Il Fondo unico, che servirà a finanziare i costi di ristrutturazione o di liquidazione delle banche messe in risoluzione, dovrebbe essere finanziato da prelievi sulle banche e a regime disporrà di 55 miliardi di euro, ma sarà “costruito” progressivamente in un periodo di transizione, attraverso la mutualizzazione graduale dei singoli fondi di risoluzione (chiamati “compartimenti nazionali”) di ciascun paese partecipante.
Il punto di scontro principale resta sempre quello sulla mutualizzazione dei fondi per il salvataggio. Al momento la proposta prevede che ci sia un periodo di transizione in cui ogni Stato avrà un suo fondo e solo tra dieci anni si avrà un fondo Ue. Sul tavolo c’è la proposta di ridurre il periodo di mutualizzazione a sette o otto anni, cosa a cui è contraria soprattutto la Germania.
Altro nodo da sciogliere quello relativo al regolamento comunitario che istituisce un’Autorità unica di risoluzione per le crisi bancarie. L’Authority sarà composta da due organismi decisionali: un Board esecutivo con un direttore e quattro membri permanenti e un organismo più largo (la “sessione plenaria”) in cui, oltre ai cinque membri permanenti del board, siederanno i rappresentanti di ogni autorità di risoluzione nazionale dei singoli paesi partecipanti (tutti quelli dell’Eurozona, più gli altri dell’Ue che lo chiederanno). Se una banca rischia di fallire, il Board preparerà uno “schema di risoluzione” e deciderà se liquidarla, ricapitalizzarla, ristrutturarla o ridimensionarla. Le decisioni del Board entrano in vigore entro 24 ore, a meno che non vi siano obiezioni da parte della Commissione europea, appoggiate dalla maggioranza semplice del Consiglio Ue. Il problema risiede nel diritto di voto: i paesi più piccoli chiedono l’applicazione del voto paritario (ogni paese ha un voto), ma la Germania insiste per il meccanismo a doppia maggioranza: la maggioranza degli Stati membri partecipanti (sulla base del principio “un paese un voto” come richiesto dai paesi più piccoli) e la maggioranza dei contributi al fondo (sulla base del principio per cui le decisioni sono prese quando c’è l’ok di un numero di paesi che contribuisce almeno al 50% del fondo unico).
R. G.
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