Non è l’Italia, è proprio l’Europa che non è un continente per donne. E’ vero, in Danimarca il premier è donna, lo è anche in Slovenia. In tanti piccoli paesi nordici le donne hanno (quasi) gli spazi che meritano. Ma per far entrare una donna nella cabina di comando della Banca centrale europea, una, c’è voluta una vera e propria battaglia parlamentare.
Lo dimostra anche la recente selezione dei candidati dei partiti europei per la presidenza della Commissione che, caso strano, non ha visto nessuna donna correre per la nomina tranne che nel partito dei Verdi europei, dove erano ben tre su quattro candidati. Però i Verdi europei sono talmente per la parità di genere che ogni carica di vertice è occupata da un uomo e una donna e dunque a vincere le primarie sono stati un uomo e una donna. Ma il posto è uno solo, come fate ad avere due candidati? Ha chiesto il vostro ingenuo cronista al mezzo presidente (maschio) del partito verde europeo Reinhard Butikofer, e si è sentito dare la risposta più scema possibile: “Infatti per noi è un vero problema – ha ironizzato il tedesco – siamo proprio qui ad aspettare la telefonata nella quale ci si conferisce l’incarico di presidente della Commissione europea”. Dunque i verdi non ci contano e la loro candidata è come se non ci fosse. Non è un fine politico il signor Butikofer, non incoraggia a votare per i Verdi. La sostanza è che questa candidata, che pure è una giovane donna in gamba di nome Ska Keller è come se non ci fosse.
Dunque, è una storia da uomini: maschio il candidato democristiano, maschio il socialista, maschio il liberale e maschio pure il leader della sinistra. Gli altri partiti sono solo nazionali e dunque non hanno un candidato europeo comune. Quello che impressiona non è (solo) che il candidato finale sia un maschio, ma che (sempre tranne i meritevoli verdi nonostante il loro co-presidente maschio che divide il posto con l’italiana Monica Frassoni) non ci siano state donne che abbiano corso o siano state comunque proposte per la candidatura. Un nome solo è circolato, messo in giro da qualche banale analista di poca fantasia, ed è stato quello della francese Christine Lagarde, ora comodamente seduta al timone del Fondo monetario internazionale e che non ha mai avuto l’idea di candidarsi al Barlaymont (dice lei medesima).
Questa cosa mi dispiace, trovo anzi che dovrebbe essere imbarazzante per partiti e politici “democratici” far scoprire che al potere c’è sempre la lobby dei maschi (altroché quella dei gay o delle donne o dei soci di qualche club). La verità è che anche io (maschio) sento il bisogno di difendermi da questa lobby che non mi garantisce né efficienza (come dimostra la crisi economica, ad esempio) né democrazia (come dimostra anche la crisi in Ucraina, sempre ad esempio).
Lorenzo Robustelli