Sembra difficile si possa trovare l’unanimità sulle severe restrizioni che gli Usa vorrebbero imporre. Diversi Stati europei, dipendenti dal gas russo, restano riluttanti
Nelle conclusioni della riunione straordinaria dei ministri degli esteri Ue che si è svolta lunedì si parlava di vaghe “misure mirate”. Spetterà domani ai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles capire se e come tradurre la fumosa espressione in azioni concrete contro Mosca per la gestione della questione ucraina. Alla vigilia del Consiglio europeo straordinario, trovare una posizione comune appare complicato, con gli Stati fermi sulle loro diverse posizioni. Una stretta significativa contro la Russia non è decisione che si prende alla leggera, visto che Mosca è il primo esportatore di gas naturale al mondo (di cui buona parte è destinato all’Europa) e il secondo esportatore di petrolio, dopo l’Arabia Saudita. Le conseguenze per i Paesi europei potrebbero essere pesanti e non tutti sono pronti a rischiare.
Tra i sostenitori della linea dura degli Stati Uniti, che stanno pensando di bloccare i visti ai funzionari russi e di stilare una lista i possibili beni da congelare, figura la Francia. Parigi sarebbe pronta ad adottare sanzioni contro la Russia per convincerla che il negoziato è l’unica opzione per risolvere la crisi ucraina. Lo ha spiegato anche il presidente Francois Hollande, sottolineando che “il ruolo della Francia e dell’Europa è quello di applicare tutta la pressione necessaria, inclusa l’eventuale adozione di sanzioni per imporre un percorso di dialogo e trovare una soluzione politica alla crisi”. Se la tensione tra Russia e Ucraina non si abbasserà, domani i leader dell’Ue “decideranno verosimilmente d’imporre sanzioni a carico di Mosca”, ha confermato il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius in un’intervista.
Spinge per la via diplomatica, ma si dichiara pronta a sanzioni anche la Gran Bretagna. Il ministro degli esteri, William Hague ha dovuto fare chiarezza su un documento fotografato dai media britannici fra le mani di un alto funzionario diretto a Downing Street. “Il Regno Unito – si leggeva nel testo – non dovrebbe per il momento sostenere sanzioni commerciali e chiudere ai russi il centro finanziario di Londra”. Ma questa, ha assicurato Hague, non rappresenta necessariamente la linea guida del governo, che sarebbe piuttosto: “Dobbiamo provare ogni opportunità diplomatica per disinnescare questa crisi. Se non ci riusciremo, beh, a quel punto è chiaro che ci saranno costi e conseguenze per Mosca come ho già detto e come hanno ripetuto il premier Cameron e il presidente Obama”.
Particolarmente preoccupata, per questioni geografiche, la Polonia che nei giorni scorsi ha chiesto e ottenuto che venisse convocata una riunione della Nato, invocando l’articolo 4, quello secondo cui i Paesi membri sono tenuti ad incontrarsi ogni volta che uno di loro giudichi a rischio la propria integrità territoriale, indipendenza politica o sicurezza. Varsavia ha ottenuto dagli Stati Uniti rassicurazioni sulla propria sicurezza e si è detta pronta a sostenere misure severe contro Mosca.
A sostegno delle sanzioni anche i Paesi europei che facevano parte della sfera di influenza sovietica. Polonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Estonia e Repubblica Ceca, nel corso del vertice dei ministri degli esteri Ue si sarebbero mostrate pronte a sostenere la proposta di sanzioni avanzata dagli Usa.
Remore all’imposizione di sanzioni sono invece state espresse, fin dall’inizio della crisi, da Germania e Italia. L’idea di Berlino è quella di desistere dalle sanzioni a Mosca, preferendo la via dell’istituzione di un gruppo di contatto. Mentre per il nostro Paese, ha spiegato in occasione del vertice a Bruxelles il ministro degli Esteri, Federica Mogherini “la forza non sta nell’alzare toni ma nel parlare con una voce sola”. Le sanzioni non sono per il momento all’ordine del giorno, ha spiegato chiaramente anche il ministro degli Esteri olandese, Frans Timmermans, ammettendo però che diventeranno inevitabili se la Russia non cambierà corso.
Letizia Pascale
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