I due partiti euroscettici che guidano l’esecutivo di Reykjavik hanno deciso di bloccare il processo senza tenere il referendum promesso. Ma la decisione scatena le proteste della popoazione
I cittadini islandesi vogliono potere scegliere se entrare o no nell’Unione europea. Per questo ieri sono scesi in piazza in circa 3.500, per manifestare contro la decisione dell’esecutivo di ritirare la candidatura all’adesione senza tenere l’annunciato referendum popolare sul tema. Venerdì i due partiti euroscettici, saliti al governo nel 2013, hanno concordato di ritirare formalmente la richiesta di adesione depositata dal Paese nel 2010, senza interpellare la popolazione.
Secondo gli ultimi sondaggi, la maggior parte degli islandesi voterebbe comunque contro l’adesione del Paese all’Europa ma i cittadini vogliono poter esprimere la loro opinione, così come era stato promesso loro.
L’Islanda ha chiesto di entrare a fare parte dell’Ue nel 2010, sotto la guida del governo socialdemocratico, secondo cui fare parte del blocco europeo avrebbe portato al Paese stabilità economica dopo una pesante crisi finanziaria. A inizio 2013 Reykjavik aveva completato i negoziati su undici dei 33 capitoli previsti per l’adesione.
Poi però la vittoria, alle elezioni di aprile 2013, del Partito del Progresso e del Partito dell’Indipendenza, entrambi su posizioni antieuropee, ha cambiato radicalmente le cose. Il nuovo esecutivo ha ufficialmente sciolto il comitato per i negoziati e ha comunicato l’intenzione di interrompere il processo di adesione. Rimaneva comunque la promessa di un referendum per sentire anche il parere dei cittadini sul tema. Un passaggio che ora il governo ha deciso di voler saltare ma a cui i cittadini non sembrano disposti a rinunciare.