Secondo un’indagine dell’Istituto Affari internazionali, a preoccupare i cittadini del Bel Paese è soprattutto l’immigrazione. Non vogliamo uscire dall’euro ma non siamo pronti a sacrifici per rimanerci. Per l’80% siamo scarsamente rilevanti negli affari internazionali
Particolarmente insofferente allo strapotere economico della Germania, consapevole del profondo legame con l’Unione europea ma scettico sul suo futuro, tendenzialmente pacifista. È questo, in media, l’identikit del cittadino italiano sulle questioni di politica estera. A tracciarlo l’Istituto Affari Internazionali (Iai) che, in collaborazione con il Laboratorio Analisi Politiche Sociali dell’Università di Siena ha intervistato, tra settembre e novembre, un campione di oltre mille persone scelte a caso tra tutti i maggiorenni italiani, su tematiche internazionali e di attualità.
Gli italiani, emerge dall’indagine, prestano attenzione alla politica estera ma la pongono dopo gli interessi nazionali: secondo il 65% i problemi domestici dovrebbero essere la prima preoccupazione mentre solo sullo sfondo dovrebbero rimanere i temi internazionali. Queste ci sembrano rilevanti soprattutto quando colpiscono direttamente il nostro Paese: ecco allora che, secondo il 48% degli intervistati, le tematiche di maggiore interesse sono l’immigrazione e la sicurezze dei confini, mentre per il 45% l’export. La grande maggioranza degli italiani (80%) vede il nostro Paese come un attore debole sulla scena globale.
L’unità dell’Ue non sembra essere messa in discussione: le differenze tra cittadini europei sono viste come un ostacolo ma soprattutto le nuove generazioni (66%) non le percepiscono come una divisione insormontabile. Qualche perplessità in più ce la crea la moneta unica. Ormai gli italiani prendono l’esistenza dell’euro come un dato di fatto (solo il 39% crede che l’Italia dovrebbe tornare alla lira), ma non sono disponibili a fare sacrifici per rimanere parte dell’Eurozona. Soltanto il 29% degli intervistati si dichiara pronto a spendere qualcosa per prevenire un’uscita dall’area euro. Allo stesso modo gli abitanti del Bel Paese non mettono in discussione gli obblighi di bilancio imposti dall’Ue ma non vogliono sostenere costi per rispettare i patti con Bruxelles. Difficilmente diamo per scontato anche il sostegno economico tra Stati membri: l’idea di assistere Paesi in difficoltà con fondi che potrebbero essere usati per questioni interne piace decisamente poco.
Allo stesso modo, proprio non ci va giù la pesante influenza che la Germania esercita sulle politiche economiche europee. L’80% crede sia aumentata negli ultimi cinque anni e il 60% di questi (il 53% del totale) la vede come una cosa negativa. Secondo la maggioranza degli intervistati, l’Italia dovrebbe mantenere un ampio margine di libertà rispetto a Berlino o addirittura dare vita ad una coalizione di stati in chiave anti-tedesca. Le politiche di austerità incontrano simpatie decisamente scarse e in pochi credono che la crisi vada gestita secondo i dettami di Berlino.
Al contrario, gli italiani credono nella cooperazione tra stati e hanno elevata fiducia nella Nato, ma preferirebbero un ruolo più rilevante dell’Europa all’interno dell’Organizzazione. Gli Stati Uniti non sono visti come il principale alleato nella difesa dei nostri interessi nazionali e anche le basi militari statunitensi non sono viste come intoccabili. Anzi, non manca chi preferirebbe chiuderle. Gli italiani sono in generale pacifisti e poco inclini ad inviare contingenti militari per partecipare alle missioni internazionali. A preoccuparci sono in particolare quello che accade nel mondo arabo, geograficamente vicino e ancora instabile: la paura è soprattutto che il Paese possa subire ripercussioni in termini di flussi migratori.
Letizia Pascale