Secondo una ricerca della Camera dei Comuni meno del 7% della legislazione nazionale è stata adottata per adeguarsi a norme Ue
La scorsa settimana furono le imprese, interpellate dal Governo di Sua Maestà, a dire che senza Ue non avrebbero fiato, ora si scopre che anche i servizi della Camera dei Comuni smentiscono il “terrorismo” antieuropeo di David Cameron.
Il documento non è nuovo, è del 2010 (Research paper 10/62, 13 October 2010), ma sostanzialmente vale anche oggi. Lo ha scoperto un ricercatore di Bruxelles, Marco Incerti, che lo ha messo a disposizione di tutti su twitter. Da questo corposo e dettagliato studio pubblicato sulla carta intestata della Camera dei Comuni, emerge che in Gran Bretagna la legislazione comune, i “vincoli” di Bruxelles, i “Lacci messi all’economia britannica”, sono davvero pochi, arrivano ad influenzare neanche il 10 per cento della legislazione primarie del regno.
Vaughne Miller la curatrice del lavoro spiega che “benché l’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors nel 1988 prevedeva che entro dieci anni l’80% della legislazione in materia economica e forse anche di bilancio e sociale, sarebbe stata di origine Ue e nuovi Trattai abbiano dato all’Ue un ruolo in mote materie”, siamo ben lontani da quei numeri.
Le cifre britanniche suggeriscono che dal 1997 al 2009 “il 6,8 per cento della legislazione primaria e il 14,1 di quella secondaria (i regolamenti) ha avuto un ruolo nell’implementare gli obblighi europei”. In altri stati membri, sostiene lo studio “si va da un 6 a un 84 per cento, con variazioni evidentemente molto ampie”. Probabilmente la percentuale varia anche da quanti opt out un paese ha (e la Gran Bretagna ne ha molti) e, ovviamente, dall’essere o no nella moneta unica.
Per quanto riguarda Londra, comunque, la tesi che l’Ue imponga le sue regole sostituendosi ai legislatori nazionali non regge, dice la Camera dei Comuni.
Lor