Se la disoccupazione, come prevedono la Banca d’Italia e tutti i principali centri di previsione economica, rimane ai livelli attuali, circa il 13%, nei prossimi due anni, credo che Matteo Renzi e la sua squadra saranno cacciati a forconate da Palazzo Chigi. Ma cosa potrebbe fare Renzi per far scendere la disoccupazione, considerati i vincoli europei che abbiamo oggi? Possiamo fare le migliori riforme strutturali di questo mondo, la migliore legge sul lavoro dell’Europa tutta eccetera eccetera, ma agire da parte dell’offerta (supply side) non creerà molti posti di lavoro nel breve termine se esse non sono accompagnate da un aumento della domanda.
A questo punto la domanda (non in senso economico) è: cosa potrebbe fare oggi un governo italiano per rilanciare appunto la domanda? Purtroppo quasi nulla, almeno a bocce ferme, cioè restando all’interno delle politiche attuali della UE. Si potrebbe fare un taglio del cuneo fiscale di 50 miliardi con un’operazione coraggiosa ma borderline come quella che abbiamo proposto nel nostro ultimo post (vedi qui). Poiché il PIL italiano è di 1.550-1.560 miliardi circa questa misura porterebbe a un aumento immediato del PIL già dal 2014 di circa il 3% e alla riduzione della disoccupazione di circa un punto. Scenderebbe da subito il rapporto tra debito pubblico e PIL, perché questa misura non porterebbe a un aumento né del debito pubblico né del costo per interessi. È una decisione rischiosa e non è detto che si riesca a portarla a casa. Ma almeno uno ci avrebbe provato. E se non va si potrebbe dare la colpa ai tecnocrati dell’Europa.
Non si tratta della proposta di un pazzo, ma di uno strumento innovativo di gestione della politica monetaria europea che è stato discusso all’interno del Parlamento europeo l’anno scorso e poi rigettato a causa dei soliti pregiudizi economici tedeschi (chi vuole può approfondire andando a spulciare in rete com’è andato il dibattito).
Secondo me e tutti gli economisti che la sostengono (incluso l’ex presidente della Fed Ben Bernanke) rimane la soluzione migliore da prendere per il governo italiano, se riuscisse a realizzarla forzando un po’ la mano alla BCE. Nel breve incontrerebbe l’opposizione feroce della Commissione guidata dal pavido Barroso. Lo ha ripetuto ancora ieri il falco finlandese Olli Rehn: l’Italia deve attenersi strettamente al Fiscal Compact e non fare scherzi. Ma presto Rehn tornerà a fare passeggiate per i boschi finlandesi e di lui, per nostra fortuna, non sentiremo più parlare.
Ho avuto modo di parlare a lungo nei giorni scorsi con il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Se il prossimo presidente della Commissione dovesse essere lui, credo che si potrebbero trovare spazi di dialogo importanti, soprattutto su come combattere la disoccupazione. Le stesse opportunità si potrebbero trovare se alla presidenza dovesse andare Christine Lagarde, l’attuale capo del Fondo Monetario Internazionale, che ripete spesso come la deflazione sia un mostro peggiore dell’inflazione. Ormai, per l’Italia siamo vicini alla caduta nel burrone. Se i prezzi continuano a diminuire dello 0,1% al mese (oggi siamo allo 0,6% di inflazione), tra qualche mese, qualunque cosa dica Draghi, ci saremo. Allora potremo dire come Dante Alighieri, illustre concittadino di Renzi:
Per ch’io mi volsi, e vidimi davante
E sotto i piedi un lago che per gelo
Avea di vetro e non d’acqua sembiante.
Il Cocito, come noto, è situato sul fondo dell’Inferno. Credo o spero che Renzi sappia che gli economisti non sono mai riusciti a capire, né a livello pratico né teorico, come si esce da questo gelido lago, la situazione più difficile che possa capitare in un’economia.
Obama è riuscito a ridurre la disoccupazione all’obiettivo che si era proposto all’inizio del suo mandato (il 6,5%) grazie alla politica monetaria più clamorosamente espansiva che sia mai stata fatta nella storia. Renzi, purtroppo, quest’arma non ce l’ha. A meno che non se la guadagni con il suo agire e facendo le scelte giuste.
Elido Fazi