Per il presidente dell’Eurogruppo “sono stati fatti progressi” nei negoziati tra Consiglio e Parlamento. Il punto principale di scontro resta la tempistica per l’entrata in vigore del fondo unico, gli Stati vorrebbero 10 anni, i deputati e il governatore della Bce Draghi soltanto 5
Tutti gli Stati membri sono “determinati a raggiungere un accordo entro la fine di marzo” sul meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie e “sono stati fatti molti progressi nonostante la difficoltà dell’argomento”. È quanto ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, nel commentare i risultati della riunione speciale sul Fondo Salva-banche che si è svolta ieri a Bruxelles. L’obiettivo è raggiungere “un accordo entro la fine di marzo” prima della “scadenza dei termini di questo Parlamento” sul meccanismo che mira a gestire in modo ordinato e controllato l’eventuale fallimento delle banche, senza che vi sia un impatto sulle finanze degli Stati.
“Non è solo una ragione pratica, vi è anche un motivo di urgenza economica”, ha aggiunto Dijsselbloem, secondo cui “dobbiamo fare chiarezza sull’unione bancaria in modo che i mercati finanziari in Europa possano riprendere a funzionare e a sostenere la crescita”. Il presidente ha parlato di 5 punti su cui è ancora necessario fare chiarezza: “Le varie opzioni sul come finanziare i costi della risoluzione”, l’eventualità dei “prestiti tra i compartimenti nazionali e il processo decisionale correlato”, come gestire l’ingresso di nuovi Paesi nel meccanismo previsto per gli Stati con la moneta unica e gli altri che aderiranno su base volontaria, “le norme sullo strumento di bail-in” ovvero il prelievo forzoso alle banche e infine la “suddivisione degli oneri per quel che riguarda la risoluzione transfrontaliera” per quanto riguarda gli istituti bancari presenti in più Stati.
Il punto di scontro principale però resta sempre quello sulla mutualizzazione dei fondi per il salvataggio. Al momento la proposta prevede che ci sia un periodo di transizione in cui ogni Stato avrà un suo fondo e solo tra dieci anni si avrà un fondo Ue, punto su cui spinge molto la Germania. Un’idea criticata da più parti, anche dal governatore della Bce Mario Draghi che giorni fa ha affermato che il periodo di transizione dovrebbe limitarsi ai 5 anni. Per Draghi “raddoppiare il passo della mutualizzazione e avere un genuino fondo europeo in cinque anni” non significherebbe “che le banche debbano pagare tasse più elevate, perché il fondo raggiungerà sempre il suo target in dieci anni”, la differenza sarebbe “che sarà unico per tutti dopo cinque anni”.
Per il commissario europeo al Mercato interno, Michel Barnier, una delle possibilità in campo è quella “di puntare ai 5 anni con delle soluzioni intermedie di 7 anni per mutualizzazione e accumulazione dei fondi”. Anche per Barnier un accordo “nei prossimi due mesi è possibile” ma bisogna “trovare un compromesso” anche su un altro punto su cui l’Aula di Strasburgo si è detta contraria, ovvero il fatto che questa parte del provvedimento sia stata approvata tramite un accordo-intergovernativo, escludendo di fatto così i deputati dal processo decisionale. “Se il Parlamento accettasse l’accordo intergovernativo – ha concluso il commissario – dovrebbero esserci concessioni su altri punti”.
Alfonso Bianchi
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