L’Aula di Strasburgo chiede una road map per tutelare i diritti di Lgbt e spinge perché le nozze gay celebrate ove consentito garantiscano tutele anche in altri Paesi Ue. La relatrice del testo Lunacek (Greens): “L’Unione deve essere zona di sicurezza per tutte le minoranze”
Dalla nostra inviata a Strasburgo Letizia Pascale
Per il Parlamento europeo, l’Unione dovrebbe riconoscere i matrimoni omosessuali celebrati nei Paesi in cui questi siano consentiti. L’apertura, che non manca di suscitare le proteste del fronte cattolico e conservatore, arriva con l’approvazione in Aula (394 voti a favore, 176 contrari e 72 astensioni) di una risoluzione che chiede che l’Ue si impegni a tracciare una tabella di marcia per garantire la tutela dei diritti fondamentali di gay, bisessuali, transgender e intersessuali.
Il punto più delicato del testo sollecita la Commissione a fare in modo che ci sia un “riconoscimento reciproco degli effetti di tutti gli atti di Stato civile nell’Unione europea, compresi i matrimoni, le unioni registrate e il riconoscimento giuridico del genere, al fine di ridurre gli ostacoli discriminatori di natura giuridica e amministrativa per i cittadini e le relative famiglie che esercitano il proprio diritto di libera circolazione”. In sostanza una coppia omosessuale, sposata dove questo sia consentito, deve potere godere di tutti i diritti anche nei Paesi Ue in cui le nozze gay non sono contemplate.
Per il Parlamento non è questo l’unico punto che l’Unione dovrebbe affrontare: per tutelare le persone Lgbt l’Aula chiede una vera tabella di marcia. “L’Unione europea dovrebbe essere una zona di sicurezza, libertà e giustizia ma per alcune minoranze questo non è vero. Ci sono politiche contro la discriminazione dei Rom, dei disabili ma non contro la discriminazione delle persone Lgbt e questo è necessario”, ha fatto notare la relatrice del testo, l’austriaca Ulrike Lunacek (Greens).
Un sondaggio condotto nel 2013 dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali a cui hanno partecipato 93 mila persone, ha ricordato Lunacek, ha mostrato che il 60% delle coppie gay e lesbiche temono di camminare mano nella mano, che quasi la metà è stata molestata e quasi un quarto ha subito minacce o violenze a causa del proprio orientamento sessuale.
La situazione insomma è nota ma i deputati fanno notare che la Commissione europea, nonostante diverse sollecitazioni da parte della Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo, non è mai intervenuta. Per questo l’Aula ha deciso di scendere in campo in prima persona chiedendo misure concrete. I deputati hanno stabilito una serie di obiettivi che dovrebbero essere affrontati in settori quali l’occupazione, l’istruzione, la sanità, i beni e servizi, le famiglie e la libertà di movimento, la libertà di espressione, i crimini d’odio e l’asilo. Tutte questioni su cui l’Ue deve impegnarsi ma, afferma chiaramente la relazione, rispettando le competenze degli Stati membri.
Così nel campo dell’istruzione, l’esecutivo di Bruxelles dovrebbe promuovere l’uguaglianza e la non discriminazione per motivi di orientamento sessuale in tutti i suoi programmi per la gioventù e l’istruzione e facilitare la condivisione di buone prassi come la diffusione di materiali didattici e di politiche di lotta al bullismo e alla discriminazione.
I deputati chiedono anche una maggiore tutela per i transessuali: gli Stati membri, sottolinea la risoluzione, dovrebbero “introdurre procedure di riconoscimento giuridico di genere, oppure rivedere quelle esistenti, per garantire il pieno rispetto del diritto dei transgender alla dignità e all’integrità fisica”, ad esempio, vietando la sterilizzazione forzata.
Alla decisa apertura del Parlmento europeo fa da contraltare un’opposizione altrettanto forte. “Ho ricevuto più di 4 mila mail da tutta Europa che dicevano cose semplicemente non vere: che la relazione darebbe diritti particolari o privilegi alle persone lgtbi” ha spiegato Lunacek. “Mi è stato detto – ha aggiunto – che si cerca di sostenere la omolobby”: non è così, risponde, “si tratta di normali diritti e la relazione non ha alcuna conseguenza finanziaria”. A votare contro alla relazione in Aula soprattutto esponenti del Ppe (che ha lasciato ai suoi esponenti libertà di voto) e i conservatori francesi.