Uno studio del Parlamento europeo denuncia il fallimento delle politiche di contrasto al commercio di droga, la corruzione dilagante e il rischio di allargamento delle tensioni in Pakistan
L’Europa e i paesi dell’Ue impegnati in Afghanistan devono continuare a garantire presenza e assistenza nel territorio anche dopo il 2014, quando scadrà il mandato della missione Isaf della Nato. Lo ha detto più volte il presidente della stessa alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen, e adesso lo ribadisce anche il Servizio di ricerca del Parlamento europeo in uno studio realizzato a gennaio 2014. L’analisi si concentra in verità sull’andamento del mercato dell’oppio, una delle principali fonti economiche del paese asiatico, ma la conclusione dello studio parla chiaro: se le forze internazionali se ne vanno, si rischia una guerra per l’oppio che potrebbe riportare nel caos l’Afghanistan e l’intera regione. “Dopo la partenza delle truppe straniere una guerra regionale per il controllo dell’oppio è possibile se Afghanistan e Pakistan iniziano una lotta per il commercio dell’oppio attraverso il confine”. La situazione messa in luce dallo studio del Servizio ricerca del Parlamento europeo è di quelle davvero delicate. “Il commercio della droga potrebbe alimentare il conflitto negli anni a venire”. Ciò perché il mercato della droga in generale e dell’oppio in particolare “sta crescendo in dimensioni e influenza” e si corre il rischio di “tramutare” quello che una volta era il conflitto tra talebani e resto della popolazione in “un conflitto tra interessi di droga”.
Siamo dunque di fronte alla possibilità che l’allarme lanciato dall’Ue già da diversi anni fa si trasformi in realtà. Nella strategia 2007-2013 per l’Afghanistan, l’Unione europea avvertiva che lo stato era a serio rischio “cattura” da parte degli interesse legati alla droga, e che servivano programmi di sviluppo rurale per alimentare nuove forme alternative di economia. Il problema è niente ha funzionato. Lo studio rileva come dal 2003 (due anni dopo il primo attacco angl-statunitense) le coltivazioni di oppio siano quasi raddoppiate, passando da piantagioni estese su un superficie complessiva di 80.000 ettari a coltivazioni per 154.000 ettari nel 2012. “Nell’ultimo decennio la produzione di oppio è aumentata e ogni tentativo di sostituirla ha prodotto pochi risultati o addirittura risultati controproducenti”. Sembra infatti che se da una parte le attività condotte dall’Isaf abbiano abbattuto il numero di trafficanti di droga (ma non la produzione), dall’altra le attività gestite dallo stato siano diventate “un veicolo di corruzione”. Le autorità afghane avrebbero imposto ‘il pizzo’ ai proprietari delle coltivazioni obbligandoli a pagare perchè non le distruggessero. Addirittura sembra che in alcuni casi la popolazione civile si sia rivolta ai talebani per proteggersi dalle minacce dei rappresentanti dei governi centrale e locali.
Le forze internazionali, e quindi anche l’Ue, devono restare in Afghanistan. Attualmente sono ventisei i paesi dell’Ue impegnati con uomini e mezzi nella missione Isaf della Nato. A partire dal 2015, secondo i piani dell’Alleanza atlantica, dovrebbero rimanere sicuramente Germania e Italia (con compito di gestione, rispettavimante, a nord e ovest), ma il governo afghano ancora non ha firmato l’accordo che estende la presenza di truppe straniere nel territorio. Bruxelles intanto lancia l’allarme.
Renato Giannetti
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