Una serata organizzata dal M5S mette a confronto il “rivoluzionarismo” di Dastoli e il “populismo buono” di Raffone
Si chiude un ventennio “di illusione europeista”? Ne è convinto Paolo Raffone, politologo, direttore della Fondazione Cipi, un centro di ricerca sugli affari europei ed internazionali basato a Bruxelles, che ne ha parlato con Pier Virgilio Dastoli, presidente della sezione italiana del Movimento Federalistra europeo in una serata organizzata dal Movimento 5 Stelle della capitale belga.
Secondo Raffone “L’Europa comunitaria non esiste più dal 1997, ma la sua agonia iniziò con la dissoluzione scellerata della Yugoslavia nel 1991/92 (gli anni di Maastricht). I partiti socialisti e socialdemocratici dell’Europa sono i principali responsabili del fallimento politico dell’Europa”. Colpevoli, pure, di non aver mai utilizzato quel “populismo buono, che ti aiuta a rivolgerti alla gente per aiutarla davvero, per spiegare e farla partecipare”.
Da allora in poi una serie di “successivi pasticci” di riforma dei Trattati non furono altro che “esercizi retorici che cercavano di mascherare la morte dell’Europa ‘comunitaria’ che era stata sostituita da quella ‘reale’, di tipo federalista-egemonico. L’Unione Europea non esiste se non nella sua realizzazione istituzional burocratica. L’Unione Economica non è stata realizzata, ma al suo posto si è fatta una asimmetrica Unione Monetaria che sta creando danni enormi”.
Concorda in buona parte Dastoli, che ribadendo quanto affermato in un suo recente libro “C’eravamo tanto amati”, dedicato alle relazioni fra l’Italia e l’Europa, spiga che “Il Movimento europeo ritiene che l’involuzione europea è iniziata con il Trattato di Maastricht, fondato sulla convinzione che si poteva costruire un sistema con una moneta unica e un’unica politica monetaria senza gettare le basi preliminarmente di un ordinamento costituzionale europeo fondato sui principi federali della democrazia sovranazionale e della sussidiarietà”.
Per Raffone “i governi degli Stati membri hanno surclassato la Commissione e il Parlamento, creando un sistema parallelo di decisione extra Trattati. La cittadinanza europea è una finzione, come lo sono le elezioni europee che sono piuttosto dei referendum sui governi nazionali”. C’è stato anche un cambio generazionale che ha concorso a modificare il funzionamento dell’Europa comune, “La ‘vecchia guardia’ della Commissione – sostiene Raffone – è stata sostituita dopo il 2001 da tecnocrati senza anima e sentimenti, tra allargamenti e scuole di commercio. Tuttavia la cittadinanza europea è un bel mito, ma tale resta”.
“Il progetto Spinelli del 1984 proponeva di realizzare prima l’unione politica e poi l’unione economica e monetaria”, ricorda Dastoli, secondo il quale però “ha prevalso invece il falso federalismo neo liberale alla Hayek in cui si toglie potere agli Stati nazionali non per affidarlo a istituzioni democraticamente legittimate ad assumere decisioni collettive ma ad agenzie indipendenti vincolate da trattati intergovernativi. fuori dal controllo della politica e della democrazia”. La risposta potrebbe forse essere nella “rivoluzione” (naturalmente non violenta ma politica”, che Dastoli si appresta a lanciare (o forse a continuare) quando fra tre mesi sarà in pensione” posso scegliere i giardinetti, una panchina, il cane e il giornale o continuare a fare il rivoluzionario, Credo che continuerò su questa strada, sarò anche più libero”.
Conclude Raffone che “nella situazione attuale l’Europa deve scegliere tra due egemonie, l’una tedesca e l’altra americana. Solo un accordo americano-russo, una Yalta2, permetterebbe all’UE di restare insieme. Non sarà certo una moneta senza stato a tenere insieme i popoli europei! La Yugoslavia è stata frammentata, l’Ucraina rischia di dividersi, e l’UE segue subito dopo. Si chiude un ventennio, quello dell’illusione europeista”. L’unione è però qualcosa che serve all’equilibrio di tutto il mondo, “ma dobbiamo essere capaci ad assumere il ruolo che si attende da noi. L’alternativa è la nostra sparizione geopolitica. Sul piano sociale ci potranno essere violente rivolte, ma la ricchezza accumulata dalle nuove classi egemoni è intatta, anzi cresciuta. Quindi, senza un progetto politico nuovo il futuro è quello della lumpen proletarizzazione dell’80% dei cittadini europei”.