Dopo lo scandalo Datagate a Commissaria chiede un piano Ue per ristabilire la fiducia nelle relazioni transatlantiche e con i cittadini: “Per avere credibilità cominciamo a fare ordine a casa nostra”
Dopo lo scandalo Datagate, che ha minato la fiducia nelle relazioni transatlantiche e preoccupato imprese e cittadini, ora serve un “Patto di protezione dei dati personali per l’Europa”. Ha chiederlo, in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali, è il Commissario europeo per la giustizia, Viviane Reding.
Il piano, secondo la Commissaria, si dovrebbe basare su otto principi. Per prima cosa la riforma della protezione dati dovrebbe essere integrata nella legge e non dovrebbe operare nessuna distinzione tra settore pubblico e settore privato. Le leggi che disciplinano la protezione dei dati dovrebbero poi, secondo Reding, essere discusse con i cittadini, visto che incidono sulla tutela della vita privata e devono essere sempre chiare e aggiornate.
I dati dovrebbero essere raccolti in modo mirato e soltanto per le finalità previste, senza cioè una “sorveglianza totale e indiscriminata dei dati delle comunicazioni elettroniche” che è “inaccettabile”. La sicurezza nazionale, sottolinea la Commissaria, “non è una motivazione che si possa addurre ad ogni piè sospinto e dovrebbe essere l’eccezione, non la regola”. “Fondamentale” in questo senso il controllo della magistratura, più degli “utili” controlli di esecutivo e parlamento.
Agli “amici americani” Reding ricorda: “Le norme sulla protezione dei dati personali dovrebbero applicarsi quale che sia la cittadinanza dell’interessato. Dato il carattere aperto di internet, non ha senso applicare ai cittadini degli altri paesi criteri diversi rispetto ai propri cittadini”.
La spinta dell’esecutivo Ue per un’accelerazione sul fronte della protezione dei dati personali dei cittadini comunitari arriva a due anni dalla proposta per una riforma radicale delle norme in questo settore, per renderle adatte al XXI secolo. Da allora, la commissione Libertà civili del Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza a favore della proposta della Commissione ma il Consiglio, che pure ha discusso a più riprese del tema, non ha mai approvato un mandato per avviare i negoziati con il Parlamento.
“La settimana scorsa le tre istituzioni (Commissione europea, i due relatori del Parlamento europeo e la presidenza greca dell’Ue insieme alla prossima presidenza italiana) hanno concordato ad Atene una tabella di marcia che dovrebbe permettere l’adozione della riforma sulla protezione dei dati personali entro quest’anno”, sottolinea Reding. Tempi in linea con quelli concordati dai capi di Stato e di governo nel corso del Consiglio europeo di ottobre, secondo cui il regolamento sulla protezione dei dati personali deve entrare in vigore in tutti i Paesi entro il 2015. “Se vuole godere di credibilità negli sforzi per ricostruire la fiducia, se vuole essere un esempio per gli altri continenti, – ha sottolineato Reding – l’Ue deve cominciare col fare ordine a casa propria”.