Secondo un rapporto dell’esecutivo Ue 20 Paesi (tra cui l’Italia) non hanno trasposto correttamente le decisioni comunitarie. Reding: “Continuare la ricerca della tolleranza nelle nostre società”
Non bastano i discorsi e le commemorazioni ufficiali, la memoria dei crimini contro l’umanità si deve difendere anche a suon di leggi. E questo la maggior parte degli Stati europei ancora non lo fa. È quanto fa notare la Commissione europea che, in occasione della Giornata in ricordo delle vittime dell’Olocausto, rende noti i risultati di un rapporto sull’applicazione, da parte degli Stati membri, delle norme comunitarie per il contrasto dei crimini ispirati dall’odio razzista e xenofobo. Risultato: in ben venti Stati membri le disposizioni nazionali rimangono ampiamente insufficienti per quanto riguarda la difesa della memoria.
Nel 2008 i Paesi dell’Ue hanno adottato all’unanimità una decisione quadro contro il razzismo e la xenofobia, che li impegna a considerare reati la negazione, l’apologia o la grossolana banalizzazione dei reati rivolti contro un gruppo razziale, etnico o religioso. Peccato che dopo cinque anni un’esplicita criminalizzazione di questi tre tipi di condotta esista in soli otto Paesi: Bulgaria, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Lituania, Malta e Slovenia.
Gli altri Paesi si dimostrano inadempienti a vari livelli. In Italia come in altri 6 Stati, la legge non fa esplicito riferimento a tutte e tre le tipologie di reato. In Italia si parla soltanto di “apologia” e non ci si riferisce in generale a tutti i crimini contro l’umanità ma più specificamente al “genocidio”. Non basta, redarguisce la Commissione, facendo sapere che nel corso del 2014 ingaggerà dialoghi bilaterali con i diversi Paesi per assicurare che la decisione presa a livello europeo sia effettivamente trasposta in modo corretto nelle diverse legislazioni nazionali.
In base ai trattati l’esecutivo europeo non può avviare procedimenti di infrazione per la mancata trasposizione delle decisioni adottate, come in questo caso, prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Dal primo dicembre 2014, però, la Commissione avrà anche questo potere. Quella di oggi è quindi anche un richiamo agli Stati, perché prendano provvedimenti in tempi utili.
“Oggi abbiamo raggiunto la pace tra le nazioni dell’Ue ma rimane un’altra sfida: continuare a cercare la tolleranza all’interno delle nostre società” commenta il Commissario europeo per la Giustizia, Viviane Reding: “Nessuno – sottolinea – dovrebbe mai subire discorsi o crimini dettati dall’odio. Per questo chiedo a tutti gli Stati membri di compiere azioni per trasporre pienamente le decisioni dell’Ue e per essere sicuri che queste siano applicate sul proprio territorio”.
Letizia Pascale