Stufo dei ritardi nell’adempimento della direttiva, l’esecutivo Ue ci deferisce alla Corte di Lussemburgo. In caso di condanna la sanzione sarà di 150 mila euro per ogni giorno di violazione. Per il nostro Paese anche un rimprovero per la gestione delle acque
Dall’Unione europea arriva una richiesta di maxi-multe per l’Italia: il commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potocnik, ha deciso di deferire il nostro paese alla Corte di giustizia dell’Ue per mancato recepimento della direttiva sulla sperimentazione animale, chiedendo il pagamento di una sanzione di oltre centociquantamila euro al giorno (150.787 euro). In base alle regole comunitarie le sanzioni vanno versate dalla data della sentenza (nell’ipotesi che lo Stato membro non abbia ancora sanato la situazione) alla data di completamento dell’iter di attuazione. L’Italia rischia una vera e propria stanagata, nel giorno in cui sembrava mettersi bene per il nostro paese: in occasione dell’adozione del pacchetto mensile della procedure d’infrazione all’Italia sono state rilevate appena due contestazioni su un totale di 29 tra pareri motivati (22) e deferimenti alla Corte (7).
L’Italia sconta ritardi continuati e prolungati. Alle autorità italiane era stato concesso tempo fino al 10 novembre 2012 per recepire la direttiva sulla sperimantazione animale datata addirittura 2010 (la direttiva 63 del 2010). Due anni non sono bastati, e la Commissione ha avviato la procedura d’infrazione un anno fa, con l’invio della lettera di messa in mora il 31 gennaio 2013. Nessuna risposta convincente dell’Italia, che si è vista recapitare un parere motivato in estate (21 giugno 2013). L’Italia ha risposto a Bruxelles assicurando che la situazione sarebbe stata sanata per dicembre, salvo poi comunicare uno slittamento a febbraio 2014. La Commissione è stanca di aspettare e, soprattutto, ormai non si fida più: l’esecutivo comunitario, ha spiegato Potocnik, “teme che non siano da escludersi ulteriori ritardi”. Una posizione che non ha lasciato altra scelta che adire la Corte.
Da un deferimento certo a un deferimento potenziale. L’Italia si becca anche un rimprovero per mancata conformità della legge nazionale con quella comunitaria in materia di gestione delle acque. Sempre su proposta di Potocnik l’esecutivo comunitario ha inviato un parere motivato per chiedere un riordino delle politiche nazionali in materia. Si tratta della fase del processo di infrazione che precede l’eventuale deferimento alla Corte: ciò vuol dire che se l’Italia non rispetta la direttiva quadro sull’acqua potrebbe scattare un’altra richiesta di sanzioni. All’Italia si contesta la mancanza di requisiti minimi nei programmi per prevenzione dell’inquinamento idrico.
Renato Giannetti