Due delle tre vittime colpite da proiettili, ma la polizia nega di avere usato armi da fuoco. Il premier ucraino: chi partecipa alla protesta è un “criminale”. Ashton: “Escalation brutale”
L’escalation di violenza in Ucraina porta le prime inevitabili conseguenze in termini di vittime. Dopo le centinaia di feriti nel corso degli scontri degli ultimi giorni si contano i primi tre manifestanti rimasti uccisi. Dopo la denuncia arrivata dal movimento di protesta la notizia è stata confermata anche dalla Procura generale ucraina. Due dimostranti hanno riportato ferite di arma da fuoco al torace e alla testa, il terzo, invece, è morto cadendo dal colonnato dello stadio della Dynamo, da un’altezza di tredici metri.
“Siamo scioccati dalle ultime notizie da Ucraina circa le morti di manifestanti. Deploriamo nei termini più forti possibili l’uso della forza e della violenza, e chiediamo a tutte le parti di astenersene immediatamente e di prendere provvedimenti che aiutino a tranquillizzare la situazione”, dice in una nota il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso. “Il contesto generale è peggiorato negli ultimi giorni – continua – e vorrei sottolineare esplicitamente la responsabilità fondamentale delle autorità ucraine per calmare la situazione e in particolare la necessità di impegnarsi in un dialogo autentico con l’opposizione e con la società civile sui modi per superare questa profonda crisi”. Naturalemnte a Bruxelles c’è anche “grande preoccupazione per le recenti restrizioni alle libertà fondamentali, compresa la libertà di espressione e la libertà dei media”. E dunque “siamo sinceramente preoccupati per la piega che gli avvenimenti stanno prendendo in Ucraina – ripete Barroso – e continueremo a seguire attentamente questi sviluppi, valutando (come sta avvenendo, sembra, anche negli Stati Uniti, nda) anche possibili azioni da parte dell’Unione europea e le conseguenze sulle le nostre relazioni bilaterali”.
La tensione è salita alle stelle nella notte, quando la polizia in tenuta anti-sommossa è tornata alla carica per smantellare le barricate erette dai manifestanti pro Ue lungo la strada che conduce alla sede del Parlamento ucraino. Un tentativo a cui i manifestanti hanno reagito con forza: protetti dalla carcasse degli autobus incendiati domenica scorsa quando erano ripresi i disordini, hanno bersagliato gli agenti con petardi, sassi e bottiglie incendiarie. La polizia ha risposto con il lancio di lacrimogeni e ha caricato la folla, sfondando le barricate. Ma a quanto pare non solo. Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa ‘Liga.novosti’, due dei manifestanti uccisi sarebbero stati colpiti da tiratori scelti della ‘Berkut’, la polizia speciale anti-sommossa, che continua però a negare di essere intervenuta con agenti armati per fermare i disordini.
“La polizia non ha usato armi da fuoco”, ha affermato il Dipartimento di polizia. In precedenza era stato riferito che gli agenti antisommossa hanno usato gas lacrimogeni, granate stordenti e proiettili di gomma per disperdere i dimostranti. Gli oppositori, dal canto loro, hanno lanciato petardi e bottiglie molotov. Eppure proprio ieri sera il premier ucraino, Mikola Azarov, aveva minacciato: se “le provocazioni” e le violenze di piazza continueranno, il governo di Kiev non avrà altra scelta che “utilizzare la forza nell’ambito della legge”.
Una posizione che non si è ammorbidita nemmeno davanti alle vittime. “I partecipanti a questa rivolta non possono essere chiamati manifestanti pacifici. Sono criminale che devono essere puniti per le loro azioni», ha detto oggi Azarov in una riunione del governo. “Come primo ministro dell’Ucraina – ha continuato – io dichiaro ufficialmente che le vittime, che si sono purtroppo già manifestate, sono sulla coscienza degli organizzatori e di alcuni dei manifestanti della rivolta di massa, che sono responsabili per questa cosa”.
Intanto la situazione non accenna a tranquillizzarsi. Anche in queste ore sono in corso a Kiev nuove cariche della polizia per disperdere i manifestanti dopo gli scontri della nottata. Una linea di agenti, protetta dagli scudi antisommossa, avanza lanciando granate e lacrimogeni. I dimostranti, che inizialmente sono stati dispersi, si sono raggruppati nuovamente e hanno iniziato a scontrarsi con violenza con i poliziotti, mentre le ambulanze portano via i feriti.
L’Europa guarda l’evolversi della situazione con preoccupazione sempre maggiore. La responsabile della diplomazia europea, Catherine Ashton “condanna con forza la brutale escalation” e chiede “uno stop immediato agli atti di violenza”. Reazione simile dal Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz che si dice “scioccato” dall’escalation di violenza ed esorta: “Serve dialogo, non sanguinose battaglie di strada”. “Deploriamo l’uso della forza e della violenza” concorda il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. “Facciamo appello alle autorità ucraine affinché facciano qualcosa per sedare la crisi e trovare la via per il dialogo con l’opposizione”, dice Barroso e avverte: “Seguiamo da vicino l’evolversi della situazione e stiamo valutando cosa fare e le conseguenze che questo avrà sulle nostre relazioni”. Anche il segretario della Nato, Anders Fogn Rasmussen “condanna fortemente l’uso della violenza” che “non può mai essere la risposta a una crisi politica”. Per Rasmussen è “urgente che tutti i partiti si impegnino in un dialogo reale, diano prova di moderazione ed evitino ulteriori escalation”.
Ma nonostante la condanna unanime l’Unione europea non parla ancora di possibili sanzioni. Misure che invece gli Stati Uniti hanno già annunciato. “In risposta alle azioni contro i manifestanti su piazza Maidan, nel novembre e dicembre dello scorso anno, l’ambasciata degli Stati Uniti ha revocato diversi visti ai cittadini ucraini legati all’uso della forza”, ha fatto sapere con un comunicato l’ambasciata degli Stati Uniti in Ucraina: “Stiamo valutando – continua la nota – ulteriori provvedimenti contro i responsabili delle violenze in corso”.
Letizia Pascale