Ieri nuova giornata di scontri di piazza, dopo le misure contro i manifestanti votate dal Parlamento: oltre 150 feriti. Bruxelles chiede che la “legislazione sia messa in linea con gli impegni internazionali” ma non parla di possibili sanzioni. Usa pronti a varare misure contro il Paese se non cesserà l’uso della violenza
Fare marcia indietro, ribaltare gli ultimi sviluppi e riportare la legislazione dell’Ucraina in linea con gli impegni presi a livello internazionale. L’appello al Presidente Viktor Yanukovich ora arriva anche dai ministri degli esteri dei Ventotto, che riuniti a Bruxelles per il Consiglio affari esteri, hanno affrontato la situazione di Kiev nonostante non fosse in agenda, alla luce degli ultimi violentissimi scontri. Come già fatto nei giorni scorsi dall’Alto Rappresentante, Catherine Ashton, il Consiglio esprime “profonda preoccupazione” a proposito del pacchetto legislativo che introduce sanzioni più severe per i partecipanti a manifestazioni non autorizzate. I ministri degli Esteri non solo rilevano “circostanze procedurali dubbie” nell’approvazione da parte della Rada, il parlamento ucraino, di queste leggi, ma aggiungono: “Questo progetto di legge ridurrà in modo sensibile i diritti di associazione, di stampa e di informazione degli ucraini”. Per questo motivo la richiesta al governo di Kiev è di “fare marcia indietro” e fare in modo che “la legislazione nazionale sia in linea con gli impegni internazionali dell’Ucraina”.
L’Unione europea conferma la propria disponibilità per un accordo di associazione con Kiev, “resta impegnata” per raggiungere questo risultato e spera che il Paese “sia pronto il prima possibile”. Il Consiglio “esorta tutte le parti a cercare, attraverso un dialogo inclusivo, una soluzione democratica alla crisi politica, che andrebbe incontro alle aspirazioni dei cittadini ucraini”. Allo stesso tempo l’Unione europea chiede che “si indaghi debitamente su tutti gli atti di violenza, e che si portino davanti alla giustizia i responsabili” delle violenze.
Nessuna menzione, nelle conclusioni dei ministri degli esteri dei Ventotto, a possibili sanzioni, di cui invece si comincia a parlare negli Stati Uniti. La Casa Bianca si dice pronta a varare un pacchetto di misure contro il Paese se il caos non si fermerà. “Fin dall’inizio – si legge in una nota dell’amministrazione Usa – il movimento Maidan ha avuto uno spirito di non-violenza e sosteniamo l’appello dei leader dell’opposizione a favore di tale principio. Gli Usa continueranno a considerare ulteriori misure, tra cui sanzioni, in risposta all’uso della violenza”.
Violenza che non accenna a fermarsi. Ieri, a quasi due mesi dall’inizio delle proteste scoppiate dalla scelta del presidente Yanuchovich di dire no ad un accordo di associazione con l’Unione europea in favore di un deciso avvicinamento alla Russia, è stata una delle giornate di maggiore tensione. Circa 200 mila persone sono scese in piazza a sfidare le leggi contro la libertà di manifestazione approvate dal governo. Niente maschere, si era detto non più tardi della scorsa settimana: niente cartelloni, niente altoparlanti o violazioni di massa dell’ordine pubblico. E invece in moltissimi sono scesi in piazza proprio con il volto coperto e armati di bastoni e bombolette di spray irritante. Tra cittadini e forze dell’ordine sono scoppiati scontri violentissimi: i poliziotti hanno usato lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma, i manifestanti hanno attaccato veicoli della polizia e lanciato pietre contro i membri della sicurezza. Fino ad ora si contano circa 150 feriti, tra cui 79 poliziotti, di cui una cinquantina finiti in ospedale.
Letizia Pascale