O si cambia tutto o fra 9 anni il nostro tenore di vita sarà il 60% di quello statunitense, come negli anni’60
Niente luci e ombre, solo bianco e nero. L’Europa corre veloce nella sfida economica con gli Stati Uniti, ma corre all’indietro, talmente veloce che anche l’incerta economia statunitense sembra una locomotiva che porterà la differenza tra i livelli di vita del Vecchio continente nel 2023, praticamente domani, al 60% dei quelli Usa. Peggio di quanto era negli anni’60.
Questo, naturalmente in assenza di profonde riforme economiche. Ma se ne vedono così tante?
A spaventare è che questa previsione, basata su 50 pagine di cifre e grafici complessi, la fa la normalmente tranquillizzante Commissione europea, che non fa altro, da mesi e mesi, che parlare di luce in fondo al tunnel, di ripresa difficile ma che c’è e così via. Lo fa nel suo ultimo report trimestrale sull’area euro, uscito alcuni giorni fa a Bruxelles.
Le voci sulla ripresa sono dunque troppo ottimistiche? Il Trattato commerciale che stiamo negoziando con gli Usa è forse solo un menù che Washington si sta servendo in Europa? Oppure alla Commissione hanno già considerato che questo importante accordo commerciale si incastrerà perfettamente con una serie di riforme decisive a livello europeo e nazionale (Italia compresa) e dunque il rischio non c’è davvero? Tutti gli sforzi fatti dopo il boom della fine degli anni ’50 sono stati bruciati da cinque anni di crisi? Eravamo arrivati quasi alla pari con i ricchi spendaccioni statunitensi e invece, tra nove anni, la nostra economia sarà andata così male che il nostro livello di vita sarà solo il 60% del loro: Loro dieci bistecche? Noi sei. Loro dieci posti di lavoro? Noi sei. Loro dieci giorni di ferie? Noi sei, e via così…
Vale la pena di leggere il passaggio originale: “On the assumption that the euro area and US forecasts underpinning this scenario prove accurate, the euro area is forecast to end up in 2023 with living standards relative to the US which would be lower than in the mid-1960’s. If this was to materialise, euro area living standards (potential GDP per capita) would be at only around 60% of US levels in 2023…”
Eravamo diventati alleati con pari dignità, stavamo nella Nato tutti insieme a gestire le sorti del Mondo e ci ritroviamo invece (tutti noi dell’eurozona) a dover pietire una commessa da un’industria di Cincinnati per tirare avanti?
Secondo i dati diffusi dalla Commissione il crollo europeo è evidente nei dati sulla produttività del lavoro: un’ora di produttività del lavoro nella zona euro era quasi il 90 per cento del valore negli Stati Uniti nella metà degli anni ’90 , ma la cifra è scesa oggi di un 10% e si prevede che arrivi al 73% entro il 2023. Qui si concentreranno le principali motivazioni della differenza, per il resto sarà colpa dei tassi di occupazione e delle ore lavorate procapite.
Secondo la Commissione dunque gli Usa sono usciti dalla crisi meglio di quanto stia facendo la zona euro, con un tasso medio annuo di crescita potenziale del 2,5% nei prossimi 10 anni, mentre la zona euro sarà in media solo all’1% . I tassi di crescita procapite saranno anche qui la metà di quelli statunitensi.
Marco Buti, direttore generale Affari economici cerca di trovare un aspetto positivo in questo dramma, e scrive nella sua introduzione che “il messaggio incoraggiante, tuttavia, è che le prospettive di crescita modesta non sono ‘scolpite nella pietra’. Le proiezioni riportate sono basati su uno scenario “del far nulla”, assumendo cioè che le politiche attuali rimangono invariate. I responsabili politici – ammonisce Buti – possono evitare il terribile scenario di crescita mediante l’attuazione di riforme che contribuiscano a sviluppare appieno il potenziale dell’economia”.
Lor