Si rincorrono voci sempre più insistenti, ma ancora nessuno conferma o smentisce. Lei (interpellata) tace (per ora, ma non è il tipo di farlo a lungo). Sembra che da qualche giorno Federiga Bindi abbia ricevuto una lettera di fine missione (il nove marzo prossimo), grazie per il suo lavoro, ma basta così, le scriverebbe in sostanza il Ministero. Con lei (che comunque un posto da ricercatrice all’Università dovrebbe averlo fisso), e questo è più un problema, pare che siano stati lasciati per strada anche altri (o gli altri) contratti a termine dell’Istituto di cultura a Bruxelles.
Voci che si accavallano da mesi, prima quelle tragiche per le quali l’Istituto sarebbe stato chiuso, e poi smentite, poi ci fu l’ispezione amministrativa sui conti tenuti da Bindi, pare (perché anche qui la trasparenza non è stata molta), con poca precisione e qualche spesa di troppo per il funzionamento dell’Istituto. Poi le accuse, dure, violente quasi, della Direttrice al Ministero, i recenti tweet nei quali sempre Bindi, Direttrice dell’Istituto di cultura italiano, osserva che in Italia “governano le burocrazie, ma chi li lascia fare impuniti sono i Ministri e quindi sono essi i responsabili” e dunque consiglia: se “Volete avere successo #Italia? siate mediocri, non date noia e nessuno dara noia a voi. osate cambiare? sarete uccisi… #poverinoi“. Un rapporto, forse un po’ teso, che non meraviglierebbe se fosse finito alla prima scadenza biennale, magari di comune accordo. Pur se, bisogna raccontarlo, qui a Bruxelles Bindi ha anche molti estimatori.