L’esecutivo Ue ha pubblicato un documento che aiuta i lavoratori che si muovono tra diversi Stati a determinare la “residenza abituale” ai fini della sicurezza sociale. Andor: “Lavoratori immigrati pagano pi di quanto ricevono”
Avete lavorato per tutta la vita in uno Stato, ma da Pensionati vivete in un altro? Svolgete la vostra attività principalmente in un luogo diverso da quello di residenza? La vostra occupazione vi porta a lavorare stabilmente in due o più Paesi membri? Stabilire la “residenza abituale” di un cittadino e a quale Stato membro spessi erogare le prestazioni di sicurezza sociale, talvolta è tutt’altro che semplice. Per questo la Commissione europea ha pubblicato oggi una guida pratica per aiutare i Paesi ad applicare correttamente le norme dell’Ue ai cittadini che si sono trasferiti in un altro Stato membro.
“Gli studi mostrano che la libera circolazione dei lavoratori produce molti vantaggi per i Paesi ospitanti” ha ricordato il commissario europeo all’Occupazione, Laszlo Andor, sottolineando che “i lavoratori immigrati non portano via il lavoro a quelli locali e contribuiscono invece al sistema di welfare, pagando in tasse e sicurezza sociale più di quello che ricevono in salario”. Secondo Andor, “ci sono chiare clausole di salvaguardia nelle leggi dell’Unione europea per impedire che le persone abusino dei sistema di welfare degli altri Paesi”.
La guida, redatta in collaborazione con gli Stati membri, chiarisce le diverse nozioni di “residenza abituale”, di “residenza temporanea” o di “soggiorno”. Definizioni necessarie per determinare quale Stato membro sia competente per l’erogazione delle prestazioni di sicurezza sociale ai cittadini dell’Ue che si spostano tra gli Stati membri. Il diritto comunitario prevede che ci sia un solo luogo di residenza abituale: l’erogazione delle prestazioni di sicurezza sociale basate sulla residenza compete ad un unico Stato membro.
I lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi possono fruire delle prestazioni di sicurezza sociale nel paese in cui lavorano e le persone non attive (come i pensionati e gli studenti) nello Stato membro di “residenza abituale”. La determinazione dello Stato membro di “residenza abituale” è importante anche per i lavoratori che esercitano la loro attività in più di uno Stato membro.
I criteri specifici per determinare la residenza abituale, ricorda la guida, comprendono: situazione e legami familiari, durata e continuità della presenza sul territorio dello Stato membro interessato, situazione relativa all’occupazione (in particolare il luogo in cui è esercitata abitualmente l’attività, il carattere stabile dell’attività e la durata del contratto di lavoro), esercizio di un’attività non remunerata, fonte del loro reddito (per gli studenti), carattere permanente della situazione abitativa dell’interessato, Stato membro in cui l’interessato paga le tasse, ragioni per le quali egli si sposta, volontà dell’interessato sulla base dell’insieme delle circostanze e degli elementi di prova concreti.
La guida fornisce inoltre esempi concreti e orientamenti sui casi in cui la determinazione del luogo di residenza può risultare difficile, ad esempio quando si tratta di lavoratori frontalieri, lavoratori stagionali, lavoratori distaccati, studenti, pensionati e persone inattive fortemente mobili. Ad esempio, per un cittadino britannico che va in pensione in Portogallo dove trascorre la maggior parte del tempo, il luogo di residenza abituale sarà questo Paese, anche se nel Regno Unito possiede ancora una casa e continua a mantenere legami culturali ed economici.
Letizia Pascale