Bruxelles – Rimossi, trasferiti, assegnati a dirigere i traffico. Nella notte il governo turco del premier Tayyp Erdongan ha deciso di togliere di mezzo i capi della polizia di 16 città, tra cui Ankara e Smirne. Non agenti qualsiasi: si tratta per la maggior parte di coloro che hanno partecipato alle inchieste anti-corruzione che stanno pesantemente indebolendo il governo.
È uno scontro durissimo quello che sta contrapponendo l’esecutivo a magistratura e polizia turche, iniziato il 17 dicembre scorso, quando in seguito ad alcune indagini sono scattate le manette per decine di persone: tra queste, politici e uomini d’affari vicini al premier e i figli di tre ministri costretti poi alle dimissioni. Un “complotto” ordito contro l’esecutivo, ha denunciato Erdogan che ha poi iniziato con le epurazioni, rimuovendo ben 350 agenti e alti funzionari di polizia.
Da allora le “purghe” decise da Erdogan hanno colpito centinaia di alti funzionari e di agenti della polizia turca. Ma le indagini non si sono fermate: ieri mattina altre 25 persone fra cui dirigenti della Direzione delle Ferrovie sono state arrestate a Smirne in un nuovo filone della Mani pulite turca. Azioni immediatamente seguite da nuove ritorsioni.
La situazione non è sfuggita alla Commissione europea che oggi parla dei “recenti sviluppi” come di una “fonte di preoccupazione” per l’Ue. Il portavoce dell’esecutivo Ue, Olivier Bailly ha chiesto che si svolga un’inchiesta “trasparente e imparziale” sulle accuse di corruzione che toccano figure di primo piano nella politica turca.
“Chiediamo subito alla Turchia di prendere tutte le misure necessarie” ha aggiunto Bailly, ricordando che in quanto candidata alla Ue, Ankara si è impegnata a “rispettare i criteri di adesione, tra cui il rispetto dello Stato di diritto”. I recenti sviluppi, invece, “potrebbero indebolire la capacità del sistema giudiziario e della polizia di indagare in modo indipendente”. Una preoccupazione già espressa, lo scorso 27 dicembre dal Commissario europeo all’allargamento, Stefan Fule, secondo cui i “cambiamenti operati in seno alla polizia giudiziaria hanno minato l’indipendenza e l’imparzialità delle inchieste”.