Il 9 febbraio i cittadini elvetici decideranno se imporre quote massime per i lavoratori stranieri. Un voto che potrebbe compromettere gli accordi con l’Ue sulla libera circolazione. Andor: “La situazione non mi piace”
Dovranno decidere se confermare o rivedere radicalmente gli accordi sulla libera circolazione tra Svizzera e Unione europea. Questo in sostanza saranno chiamati a fare i cittadini elvetici quando, il prossimo 9 febbraio, voteranno l’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”, lanciata dall’Unione democratica di Centro, la destra conservatrice del Paese. L’idea è quella di stabilire dei tetti che fissino le quote massime di permessi che potranno essere garantiti ogni anno a stranieri, frontalieri e richiedenti asilo. Un modo per limitare l’immigrazione in un momento in cui anche diversi altri Stati membri sono preoccupati dal possibile afflusso di cittadini stranieri, soprattutto ora che anche Bulgari e Romeni non devono più sottostare alle restrizioni imposte negli anni scorsi da otto Paesi europei.
Mentre si avvicina la data del voto che potrebbe mettere in seria discussione l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra Svizzera e Ue, entrato in vigore dal 2002, che figura tra i punti fondamentali del pacchetto di trattati bilaterali, crescono le preoccupazioni. I rappresentanti di 12 industrie Svizzere si sono riuniti proprio in questi giorni per chiedere che venga rifiutata la proposta, che imporrebbe inutili oneri burocratici alle imprese e frenerebbe la loro capacità di assumere personale flessibile e altamente qualificato. Le conseguenze di una tale scelta, avvisano i leader delle imprese, avrebbe conseguenze devastanti sul mercato del lavoro del Paese.
Secondo i dati del governo, in Svizzera sono arrivate in media 63 mila persone ogni anno, da quando è stata gradualmente introdotta la libera circolazione nel 2002. Italiani, tedeschi e portoghesi sono i gruppi di migranti più consistenti. Ciononostante, o forse proprio grazie a questo, l’economia gode di un ottimo stato di salute, con la disoccupazione ferma al 3% e il Pil cresciuto di pari passo all’aumento della popolazione. Secondo molti insomma, dall’imposizione di uno stop all’arrivo di lavoratori europei altamente specializzati, la felice economia elvetica avrebbe soltanto da perdere.
Resta da vedere come si esprimeranno i cittadini, ma intanto anche l’Ue avanza le sue critiche nei confronti della proposta che sarà oggetto di referendum. “Circa il 20-23% dei lavoratori della Svizzera vengono da altri Paesi, è una cifra straordinariamente elevata” ha fatto notare oggi il Commissario agli affari sociali, Laszlo Andor. “Per questo – ha aggiunto – non comprendiamo l’approccio fondato sulla discriminazione che il Paese sembra adottare da un po’ di tempo”. Il Commissario ha fatto sapere di avere sollevato più volte il problema “a livello ministeriale” e ha assicurato che “contatti molto stretti” sono in corso: “La situazione che vedo non mi piace, ma continueremo dialoghi pazienti e costruttivi”, ha concluso.
Quella del 9 febbraio è infatti soltanto la prima di una serie di votazioni con cui gli svizzeri si esprimeranno sul tema immigrazione. Entro le elezioni federali del 2015, l’elettorato elvetico dovrebbe anche decidere sull’estensione della libera circolazione delle persone alla Croazia, divenuta membro a luglio 2013. Il parlamento dovrà discuterne ma anche su questo l’Unione democratica di centro ha già annunciato un referendum. Sempre quest’anno il Parlamento discuterà ‘iniziativa dell’Associazione ecologie e popolazione “EcoPop” che propone di imporre un tetto massimo dello 0,2% annuo alla crescita demografica dovuta all’immigrazione.
Letizia Pascale