La storia, per noi, del giorno cioè l’euro, il non-euro, anche la non-Europa, rischia di diventare un elemento deflagrante, una nuova ragione di fronteggiamento in Europa, alla faccia del Nobel per la Pace. E’ un movimento che si sta diffondendo trasversalmente in ogni Paese, in ogni classe sociale. Non distingue quasi più tra estrema sinistra ed estrema destra, e trova qualche protagonista anche nelle classi “moderate”, come in Germania.
Divide le famiglie e sta anche facendo vacillare amicizie solide.
E’ il frutto perverso di una crisi economica che sta falciando l’Europa, ma anche gli Stati Uniti (vedete bene le paghe orarie del nuovo ‘miracolo’ occupazione Usa), e crea problemi anche in Cina. C’è un disaggio sociale che è esploso, come alcuni osservatori prevedevano da tempo, da molto prima che questi arrabbiati di oggi si rendessero conto di avere un motivo per essere arrabbiati. Ricordo bene Jean-Claude Juncker, allora primo ministro lussemburghese e rispettato presidente dell’Eurogruppo, un democristiano, che all’inizio del 2008 girava per Bruxelles ammonendo che questa crisi, che allora era appena iniziata, della quale in Europa ancora non si sentiva quasi nulla, rischiava di “attaccare la coesione sociale”.
Non era e non è un estremista Juncker. E’ un europeista convinto, anche parecchio europeista, (nonostante tante pecche sul sistema bancario del suo paese), è un democristiano, dunque proprio un uomo con caratteristiche “tradizionali”, ma che aveva visto quello che stava succedendo. Ed era il cuore dell’Unione europea, era il presidente di quel club di una moneta che in tanti oggi vorrebbero far sparire. E da lì aveva visto quello che stava per succedere e che tanti governi nazionali non vollero vedere e che, anzi, decisero di affrontare in un modo pessimo. E allora, all’inizio del 2008 c’era il tempo per agire.
La Germania, la tanto contestata Germania, già da anni aveva ristrutturato il suo mercato del lavoro. E’ vero, alcuni guadagnano poco, forse troppo poco, ma il paese regge, i servizi riescono a funzionare, non si fanno tagli al pubblico impiego o negli ospedali. Nemmeno nelle scuole. Il Pil aumenta. Si comportano in maniera sleale verso gli altri partner? E’ vero, lo hanno fatto con la Grecia, e lo stanno facendo ora verso tutti con la questione dell’export. Ma i governanti di quel paese, sostenuti dai loro cittadini, lo hanno fatto funzionare, e ora in Europa ha “le carte in regola”.
Cosa succedeva, nel frattempo in Italia? Governi sciagurati non hanno attuato nessuna delle politiche che il governo di Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi, avevano indicato per il “dopo entrata nell’euro”. Il nostro debito pubblico è salito, salito, salito… Non sono state fatte politiche di crescita per la scuola, per l’industria, per la ricerca, per il lavoro. Il Paese è stato lasciato andare allo sbando ed i risultati sono davanti a tutti. Si può dire quel che si vuole, ma la disoccupazione è lì, l’evasione fiscale è nota, come anche la pressione fiscale. L’incapacità del sistema di sostenere la crescita è evidente e le colpe non sono fuori, sono nel nostro paese. Come sono nella Grecia che ha truccato i conti pubblici per anni, che ha dato 16-17 mensilità a dipendenti pubblici con una produttività sotto lo zero. Non è colpa dei finlandesi, o dei tedeschi.
Ci vogliamo, per un momento, fermare a pensare che i più arrabbiati contro l’euro o contro l’Ue sono proprio i cittadini che hanno, spesso, sostenuto quei governi che non sono stati in grado di gestire, per primo, il proprio paese? La Francia, appena uscita dalla presidenza Sarkozy sta andando a rotoli, perde “A” delle agenzie di rating come se piovesse, la Gran Bretagna è un Paese che da trent’anni ha dimenticatoi gli ultimi, i più poveri, che sono sempre più poveri e arrabbiati. E’ un paese ricco, ma nel senso che in pochi si dividono una grande ricchezza. Vado spesso a Londra, una parte della mia famiglia vive lì, ed ho visto con i miei occhi le persone impoverirsi negli anni, basta viaggiare sulla metro o sui bus per capirlo. Poi ci sono arrabbiati anche in paesi dove si sta benino, Olanda, Austria, Belgio. Ma son movimenti che non durano tanto. Appaiono, fanno rumore in un’elezione, poi spariscono, lasciano la piazza a qualcosa di più moderato. E poi, messi tutti insieme, questi paesi non fanno la metà dell’Italia, come numero di cittadini, o come Pil.
La questione è che Paesi malgovernati, che non sono riusciti ad creare prima le condizioni per difendersi dalla crisi e poi, tanto meno, ad affrontarla, sono riusciti a fare l’ennesima truffa ai loro cittadini, convincendone alcuni che la colpa è “a Bruxelles”. Evitando di dire che lì sono i politici nazionali a decidere, non altri. Chi ha l’euro e lo sa usare va bene, è chi non lo sa usare che va male, la colpa non è della moneta unica, che, alla fine, è solo una moneta (che, ne siamo convinti, fino ad ora ci ha salvati, tenendoci aggrappati a una zattera grande), non è una scelta di politica industriale, di lotta alla corruzione e al malgoverno, di abbandono delle università, della sanità. Della responsabilità.
Lorenzo Robustelli