colonna sonora: Alan Braxe & Fred Falke – Penthouse Serenade
Ci sono giornate si e giornate no, giornate forse e giornate insomma, giornate un po’ e giornate boh. Oggi per esempio era una giornata molto fredda, nel Fuckin’ Nordeuropa.
Sono uscito di casa prestissimo, tipo alle 9:08, perché grazie al mio lavoro ho la fortuna di potermi beare delle parole e della visione da vicino dei personaggi più illustri del panorama italiano e infatti alle 9.30 sarebbe arrivato Angelino Alfano.
Ma non è di questo che voglio parlare, se voglio davvero parlare di qualcosa, quanto del tragitto fino all’ufficio.
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L’aria è alquanto pungente, cioè fa freddo abbestia, ma per fortuna sto imbottito come l’omino mishlèn. Ho il mio aipod old skool, le cuffie grandi che fanno tanto anni 80 e una selezione musicale random che va dagli Hardcore Terrorists a Pippo Franco, come colonna sonora.
Camminando veloce si attivano i muscoli sopiti dalla vita sedentaria neoliberista, il cuore inizia a battere più forte come al primo appuntamento e pompa in circolo sangue fresco che scalda il corpo e risveglia il cervello.
Lungo i marciapiedi la mattina si incrociano persone e sguardi, storie d’amore che durano il tempo di un sorriso, negozianti che allestiscono le vetrine, casalinghe con i carrelli della spesa, project manager con 24 ore e guanti di pelle, mamme che trasportano passeggini ultramoderni, implacabili nonvedenti armati di bastone bianco, pensionati con brutti cappotti e vecchi cani, malridotti mendicanti immediatamente cancellati dalla memoria recente, estremisti del jogging, distributori di volantini inutili, splendide chiappe in pantaloni aderenti, potenziali serial killer, studenti che hanno fatto sega e fumano sigarette, disoccupati che spendono il sussidio in birre, buffi ebrei ortodossi, musulmani in vestaglia e africani sgargianti (se appartieni ad una delle ultime 3 categorie, togli la tua e sostituisci con “italiani pacchianamente firmati”).
Un crocevia di frammenti di situazioni che raccontano altri mondi attraverso parole captate, gesti intravisti o genuine pellicole cerebrali.
Sorpassi di individui a destra e sinistra, balletti dell’ultimo istante per evitare frontali, salti di pozzanghere, zigzag nei misteriosi cantieri che appaiono nottetempo a Bruxelles, dribbling di stronzi di cane, temporanei compagni di viaggio che hanno la tua stessa andatura (vi capita mai? è una sensazione strana: da un lato l’impressione di condividere parte del viaggio, dall’altro un senso di invasione di spazio), disciplinate attese ai semafori e insulti agli automobilisti che non si fermano alle strisce pedonali.
Si, perché mentre sui marciapiedi brulica questo fermento di vite differenti ma unite dalla più antica attività dai tempi dell’Australopithecus (la camminata così, su due piedi), le strade sono invase da un lento e puzzolente serpentone di lamiere motorizzate.
Centinaia di persone ingabbiate negli abitacoli surriscaldati, che avanzano a passo d’uomo (un uomo vecchissimo con una gamba sola), isolati dal mondo esterno, senza sapere cosa si stanno perdendo. Chiusi nel loro microclima non possono godersi la fresca carezza della gnagnerella nordeuropea, gli odori della città (dal pane agli stronzi di cane), il contatto con i propri simili.
Li guardo letteralmente dall’alto in basso mentre attraverso questo mostro imbottigliato, contando sull’unica cosa al mondo che ancora non si può comprare: il corpo (se sei una prostituta o un gigolò sostituisci con “l’anima”, anche se si perde un po’ il senso…).
Camminare fa sentire vivi, tiene il fisico allenato, non produce gas inquinanti, non alimenta le guerre per il petrolio, non deteriora l’asfalto e soprattutto ci aiuta a ricordare che siamo esseri umani.
A questo punto finalmente sono arrivato in ufficio, sudato fradicio, per prendere la telecamera e andare da Angelino Alfano.
Menomale che per domani il meccanico ha detto che la macchina è pronta.
Buon uichènd a chi sogna un mondo senza automobili, così sarebbe facilissimo trovare parcheggio.
Francesco Cardarelli