Grillo non ha tutti i torti quando se la prende con l’Europa così come è oggi. L’Unione Europea è stata il sogno dei politici migliori dello scorso secolo (da De Gasperi a Adenauer, da Schumann a Spaak, da Kohl a Mitterrand). Nessuno può avere dubbi che loro abbiano lasciato un ricordo migliore di quello di Stalin, Mussolini e Hitler. Ma i padri fondatori avevano pensato a un’Unione Europea fatta da Stati di eguale dignità. Basta ricordare quello che diceva Adenauer: “Sapete quanto io sia attaccato alla parità di diritti per il mio paese in futuro… E quale sia la mia esecrazione per le imprese di dominio nel quale si è lanciato in passato. Non concepisco una comunità al di fuori dell’eguaglianza totale tra Stati”. Ma ai tempi di Adenauer, come ha ricordato il sociologo Ulrich Beck, i tedeschi erano i bravi scolaretti dell’Europa. Ora vogliono fare i maestri, the Masters e imporre a tutta l’Europa il loro volere.
Non c’è più un dialogo tra eguali ma relazioni tra Stati debitori e Stati creditori, con quest’ultimi che si arrogano il diritto di dettare condizioni di politica economica e monetaria agli Stati debitori, senza che questi possano fiatare o ribellarsi. In un certo senso, la Germania si trova nella stessa posizione degli Stati Uniti dopo la guerra. Ma gli Stati Uniti avevano preso atto degli errori fatti dopo la fine della prima guerra mondiale, quando i vincitori avevano posto condizioni troppo dure ai tedeschi, e all’indomani della seconda guerra mondiale scelsero una strada radicalmente diversa, adottando il Piano Marshall. Oggi, per i tedeschi, parlare di Piano Marshall – anche se a loro potrebbe non costare nulla, sarebbe solo necessaria una politica più espansiva e coraggiosa della BCE – è assoluto anatema. Un errore tragico, come ripetono spesso le migliori teste tedesche, come il filosofo Jurgen Habermas.
Un’Europa così, naturalmente, non piace neanche a noi. E infatti pensiamo che la sua architettura debba essere radicalmente riformata e resa finalmente democratica. “O l’Europa sarà democratica o non sarà” come dice Martin Schulz, il presidente del Parlamento europeo e candidato per la famiglia dei socialisti europei alla presidenza della Commissione.
Con la prospettiva di un lungo periodo di stagnazione-deflazione per molti paesi, inclusa l’Italia, la situazione si sta facendo veramente insopportabile. Siamo condannati da politiche basate su vere e proprie paranoie inflattive (non so se gli psichiatri hanno già catalogato questa malattia nei loro manuali) imposte principalmente dalla Bundesbank tedesca, con l’aiuto occasionale di qualche finlandese e olandese, e sembra non ci sia nessuna strada per sfuggire all’abisso che si è aperto davanti a noi. Pensare che, paesi come l’Italia, che stanno entrando in una fase deflazionistica possano rispettare i criteri di Maastricht significa non aver appreso nessuna, dico nessuna, lezione dalla Grande Depressione degli anni Trenta. Eppure sappiamo che ci sono politiche che ci permetterebbero di fuggire dalla trappola. Qualcuno sostiene che se Hitler andò al potere, la colpa fu dei francesi. Ma oggi i tedeschi non stanno facendo la stessa cosa con la Grecia? Chi avrebbe mai sospettato che potesse nascere un movimento come Alba Dorata?
Detto questo, non sono assolutamente d’accordo con la soluzione urlata più che proposta da Grillo, cioè quella di creare due euro, un euro A a guida tedesca (Germania, Olanda, Finlandia, Austria e altri) e un euro B (Francia, Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e altri). È la soluzione che propone e argomenta in tutte le sue sfaccettature George Soros in un libro, Wetten auf Europa, ‘Scommesse sull’Europa’ che uscirà a febbraio in Germania. Soros, lo speculatore che ancora oggi si vanta di aver rotto le ossa alla Banca d’Inghilterra nel 1992, sostiene che questa via è l’unica possibile e non ne vede altre in vista.
Da un punto di vista economico, la soluzione potrebbe anche essere fattibile. L’euro A si rivaluta pesantemente (diciamo 1 euro A=2 dollari) mentre l’euro B si svaluta (diciamo 1 euro B=1 dollaro). La Germania si accorgerebbe quanto è difficile essere competitivi con un euro di tal fatta. Nel giro di un anno o due, il magnifico surplus nella parte corrente della bilancia dei pagamenti di oltre 200 miliardi evaporerebbe e il posto di reginetta del surplus nella bilancia dei pagamenti verrebbe preso probabilmente da un paese scalcagnato come l’Italia, che nonostante la crisi e un euro sopravvalutato mantiene ancora un settore manifatturiero che riesce a reggere sui mercati internazionali e che ci consente di pagare l’energia che importiamo e gli interessi che paghiamo all’estero sul nostro debito, ed essere nonostante tutto in surplus (nei dodici mesi terminati a settembre il nostro surplus era pari a quasi 10 miliardi di euro). Non solo. Le banche tedesche imparerebbero a capire quanto sa di sale dover fare perdite su perdite sui prestiti fatti ai paesi straccioni (secondo la vulgata dei loro giornali popolari; chi può dimenticare titoli del tipo: “Lavorare? Perché mai? Meglio scioperare!”). Naturalmente ci potrebbero essere vantaggi anche per i tedeschi. In pensione si potrebbero trasferire in un’isola greca o in una italiana e vivere come dei nababbi con il loro euro forte.
Intanto, la prima domanda che mi piacerebbe fare a Grillo è la seguente: chi convince la Germania a darsi una martellata sui coglioni? Difficile che la Germania si comporti come Fini davanti a Berlusconi e che davanti a un incazzatissimo Grillo risponda: Che fai, mi cacci dall’euro? Ma supponiamo pure, solo per stare al gioco, che la Germania si faccia promotrice di un’Europa a due euro. Avremmo un’Europa del Nord che si accoderebbe alla Germania. Ma chi guiderebbe l’Europa del Sud? Gli italiani? Gli spagnoli? Mi sembra difficile. Figuriamoci se i francesi non vogliono sentirsi leader di un’Europa del Sud. Ritorneremmo all’inizio degli anni Quaranta, con la Francia da una parte e la Germania dall’altra. Non mi sembra che fosse questo quello che i padri fondatori avevano in mente. Inutile ricordare che in settant’ anni circa, dal 1870 al 1940, la Francia e la Germania si sono fatte tre guerre. Sarebbe veramente scherzare con il fuoco.
Sono invece d’accordo con Grillo sul referendum. Un nuovo trattato che aggiorni quello di Lisbona dovrà essere negoziato entro il 2017, limite ultimo entro il quale il Fiscal Compact deve essere integrato nella legislazione comunitaria. Noi riteniamo che debba essere il nuovo Parlamento Europeo a proporre e far approvare all’Assemblea una proposta di nuovo trattato in cui viene delineata la nuova architettura della UE. Il trattato dovrebbe poi essere ratificato dal Consiglio Europeo dei Capi di Stato e sottomesso a referendum popolare in tutti i paesi dell’Europa lo stesso giorno. Questo sarebbe un vero referendum europeo e non un modo per punire le classi inette che ci hanno governato negli ultimi anni. I paesi che non ratificheranno il nuovo trattato dovrebbero lasciare l’Europa. Quelli che lo ratificheranno costituiranno il nocciolo duro dei futuri Stati Uniti d’Europa.
Elido Fazi