La legislazione italiana è giustificata dall’obiettivo di garantire alla popolazione un rifornimento di farmaci diffuso, sicuro e di qualità
E’ conforme alle regole comunitarie il divieto previsto dalla legge italiana di vendere medicinali soggetti a prescrizione medica nelle parafarmacie. A sancirlo è una sentenza della Corte europea che conferma la validità delle decisioni delle aziende sanitarie locali (ASL) e del Ministero della Salute italiano di respingere le autorizzazioni richieste da tre farmaciste abilitate, ed iscritte all’ordine professionale dei farmacisti di Milano, a vendere nelle rispettive parafarmacie, medicinali che sono interamente a carico del cliente ma soggetti a prescrizione medica. La normativa nazionale italiana, infatti, autorizza la vendita di simili curativi solo presso farmacie autorizzate. La vicenda che ha portato la questione all’attenzione dell’organo di giustizia europeo, riguarda tre farmaciste che hanno adito il Tribunale amministrativo per la Regione Lombardia affermando che il rigetto di autorizzazione alla vendita di medicinali soggetti a prescrizione era contrario al diritto dell’Unione. Tale giudice si è poi rivolto alla Corte di giustizia per avere chiarimenti a riguardo.
Così com’è configurata, la normativa italiana puo’, in linea teorica, ostacolare e scoraggiare lo stabilimento sul territorio italiano di un farmacista, cittadino di un altro Stato membro, che intenda ivi gestire una parafarmacia, violando la libertà di trasferimento prevista dai Trattati comunitari. Tuttavia, dice la Corte europea, la normativa può essere giustificata da ragioni imperative, quale ad esempio la tutela della salute. La normativa italiana persegue infatti l’obiettivo di interesse generale di garantire alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro e di qualita’ attraverso una “pianificazione che copra tutto il territorio e che tenga conto delle regioni geograficamente isolate o svantaggiate”.
Se fosse consentito vendere nelle parafarmacie determinati medicinali soggetti a prescrizione medica – sostiene la Corte – cio’ equivarrebbe a commercializzare tali medicinali senza osservare il requisito della pianificazione territoriale, con il rischio che le parafarmacie si concentrino nelle localita’ considerate piu’ redditizie e che le farmacie situate in tali localita’ vedano diminuire la propria clientela e subiscano una perdita di reddito. Una situazione del genere potrebbe causare una diminuzione della qualita’ del servizio al pubblico e comportare perfino la chiusura definitiva di alcune farmacie. Una penuria di esse, in determinate parti del territorio, condurrebbe allora ad un approvvigionamento di medicinali inadeguato quanto a sicurezza e a qualita’. La Corte sottolinea, inoltre, che è responsabilità degli Stati membri decidere il livello di tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto.
Marco Frisone