In occasione della tavola rotonda organizzata da Eunews.it, operatori della filiera ed eurodeputati affrontano gli aspetti più controversi della nuova regolamentazione e lanciano l’allarme su aumento del contrabbando e ripercussioni sull’occupazione
Tutela della salute contro profitto, lotta al tabagismo contro interessi economici della filiera. È stato spesso presentato così, in questi mesi, l’acceso dibattito nato intorno alla stretta anti-fumo portata avanti dall’Ue con la revisione della Direttiva Tabacco. Ma la questione non è così semplice. Tra questi due estremi ci sono molti altri aspetti da tenere in considerazione: la libertà di scelta, le ripercussioni sull’occupazione, la lotta al contrabbando e alla contraffazione. Su tutti questi temi e sulla necessità di una regolamentazione che tuteli tanto la salute pubblica quanto la sostenibilità del settore hanno riflettuto questa mattina i partecipanti alla tavola rotonda “Direttiva tabacco. La necessità di una regolamentazione bilanciata” organizzata a Bruxelles da Eunews.it con il supporto di Philip Morris Italia. Mentre la direttiva, approvata ad ottobre dall’Aula di Strasburgo è oggetto del trilogo tra Commissione europea, Parlamento e Consiglio per arrivare ad un accordo finale, eurodeputati e rappresentanti della filiera hanno fatto il punto sugli aspetti controversi della direttiva.
Tra quelli che allarmano di più gli operatori del settore c’è senza dubbio il divieto di usare additivi e aromi nella lavorazione del tabacco. Non si tratta soltanto di eliminare le cosiddette “sigarette caramella”, colorate e profumate: gli additivi sono anche elemento fondamentale per la lavorazione, come spiega Luigi Auriemma, Amministratore delegato di Ont (Organizzazione Nazionale Tabacco Italia, società che unisce le maggiori associazioni di coltivatori): “Il tabacco burley viene essiccato all’aria e durante questo processo perde alcuni aromi naturali per l’azione del vento e del sole. Durante la lavorazione industriale devono essere rimessi additivi naturali che riportano al giusto grado di umidità la foglia che deve essere lavorata e le danno il giusto grado di flessibilità. Non servono ad aumentare l’attrattività del tabacco”. Se vengono vietati gli additivi che consentono la lavorazione del burley, di cui l’Italia è uno dei primi coltivatori a livello europeo, questa varietà di tabacco rischia di scomparire creando, avvisa Auriemma “un problema di occupazione in diverse aree del nostro Paese già caratterizzate da disagio sociale”. Il burley “si produce soprattutto in Campania, nelle province di Benevento e Caserta: impegna 20 mila addetti solo nella fase agricola e di prima trasformazione. Senza una reale alternativa alla coltivazione si arriverebbe alla chiusura immediata di molte aziende agricole e ovviamente ad un effetto negativo sul territorio”.
Già in questi anni la produzione di tabacco in Italia è calata non poco, avvisa Carlo Sacchetto, segretario della Federtab, Federazione europea trasformatori di tabacco: “Si producevano 110 milioni di chili di tabacco, oggi se ne producono 50 milioni circa”, fa i conti. Il divieto degli additivi potrebbe complicare ancora le cose: “Siamo contrari – assicura Sacchetto – alla messa in circolazione di sigarette caramella, di colore rosa e che profumano di fragola, ci mancherebbe, questi non sono prodotti per un consumatore consapevole. Siamo anche totalmente d’accordo a vietare le sigarette in cui l’aroma sovrasta quello del tabacco e l’aggiunta di energizzanti e le vitamine”. Allo stesso tempo, però, “bisogna poter fare una sigaretta decente e che si distingua dalla sigaretta del concorrente” chiede Sacchetto, che sintetizza: “Vietare gli additivi sarebbe come vietare di mescolare il whisky e consentire di vendere solo il single malt”.
“Il proibizionismo che si cela dietro alcune posizioni rischia di danneggiare non solo un intero comparto produttivo, per il quale mi sono sempre battuto, come membro effettivo, in Commissione Agricoltura, ma anche la libera scelta del cittadino” sottolinea anche l’eurodeputato Efd Giancarlo Scottà che, impossibilitato a partecipare alla tavola rotonda ha inviato una nota: “Una delle mie convinzioni più forti – scrive – è stata l’importanza di incorporare nella direttiva una ‘clausola salva-zucchero’ e ce l’abbiamo fatta, lo zucchero impiegato per rimpiazzare quello perso durante il processo di stagionatura è stato considerato ‘additivo essenziale’ e come tale permesso”. All’evento era atteso anche l’onorevole Andrea Cozzolino, del Pd, ma ha dato forfait quando la tavola rotonda era già in corso.
Ma il divieto sugli additivi non è l’unico motivo di allarme. In molti ritengono che, se confermata, la stretta imposta dalla nuova direttiva tabacco rischierebbe di alimentare contrabbando e contraffazione. “Proclamando di volere tutelare i cittadini europei andiamo in realtà a mettere a repentaglio la salute dei cittadini perché andiamo ad ampliare il mercato illegale”, avvisa l’eurodeputata Elisabetta Gardini (Ppe). “Un fumatore ha una dipendenza – ricorda l’europarlamentare – e se non trova qualcosa sul mercato legale lo va a cercare su quello illegale, dove c’è un minore controllo. Già un anno fa era in forte crescita il mercato della contraffazione che è il peggio del peggio”.
“Io dal 2009 continuo una battaglia in merito a etichettatura e tracciabilità” concorda l’onorevole Lara Comi (Ppe). “In un mercato dove c’è già molto contrabbando il marchio è una garanzia – sottolinea – e toglierlo rischia di dare l’indicazione di una non chiara responsabilità di chi produce le sigarette”. “Una recente indagine evidenzia che il prodotto di contrabbando deriva al 62% dall’area cinese” aggiunge Auriemma, ricordando che c’è un grosso problema di igiene: all’interno del tabacco proveniente da quelle aree sono stati trovate tracce di “escrementi di topo, escrementi umani, residui di insetti e altro. Questo in una filiera tracciata come la filiera italiana ed europea non è possibile”. Ma l’eliminazione del prodotto italiano, continua il direttore di Ont, potrebbe portare ad un aumento del tabacco illecito che già oggi “si stima copra il 10% del mercato con i conseguenti problemi per la salute e un notevole danno allo stato: 1,92 miliardi di Stato di mancate entrate per accise e Iva”.
Tra i temi in discussione c’è poi il grande capitolo “sigaretta elettronica”. Il Parlamento europeo ha bocciato l’ipotesi di renderne possibile la vendita solo in farmacia, un’ipotesi su cui sono in molti ad essere contrari: “Se devo proporre ad un fumatore un’alternativa che penso sia meno dannosa lo propongo nel luogo del peccato, in tabaccheria. Mettere la sigaretta elettronica nelle farmacie significa allontanarle dal potenziale consumatore” evidenzia l’eurodeputato del Ppe Fabrizio Bertot. Non solo: posizionare la sigaretta elettronica in farmacia rischia di veicolare il messaggio spagliato: “Serve per farla passare come strumento non dannoso ma anzi
particolarmente buono per la salute e non è così”, conclude il deputato. “Sono convinta che sulla sigaretta elettronica si stia dando un agio eccessivo” interviene sul tema Lara Comi, secondo cui “è necessario dare una regolamentazione perché sul tema si sta creando un permissivismo e un lassismo eccessivo”. Non “venderei tranquillamente” questo prodotto ad un cliente, aggiunge il Presidente della Federazione italiana (ed europea) dei Tabaccai Giovanni Risso, perché “della sigaretta elettronica non si sa niente e non c’è scritto niente, mentre io vendo un prodotto nocivo, sì, ma su cui il cliente è informato”. Però il luogo dove vendere è certo la tabaccheria, non quei negozietti “sorti come funghi attorno alle nostre rivendite, facendo, di fatto, una concorrenza sleale”, o la farmacia, “dove non ha senso se non si tratta di un medicinale o di un prodotto che riduce il danno”. Secondo Risso, infine, “la sigaretta elettronica ora è in libera vendita”, ma non si sa bene cosa ci sia dentro, chi la commercializza, chi la propone al cliente, e dunque “andrebbe sottoposta ad autorizzazione”.
Non da ultimo c’è la questione, forse più teorica ma tutt’altro che secondaria, della libertà di scelta. “Prendiamo i cittadini europei per cerebrolesi?” provoca Bertot: “Questo dibattito – dice – non doveva neanche esserci. La nostra scelta è di dire: libertà prima di tutto. Il consumatore deve essere legittimamente informato ma poi deve poter decidere da solo”. Dello stesso avviso Comi: “Sembra si pensi che il consumatore non è cosciente e debba essere il legislatore a scegliere per lui. Non è così, ci deve essere informazione ma libertà di scelta”.
Letizia Pascale