Minacciose auto silenziose, internet inaccessibile, libri senza voce, i tanti fronti sui quali l’Ue potrebbe intervenire, ma tarda
Trenta milioni. Sono trenta milioni in Europa le persone cieche o ipovedenti, “ed è ora di smettere di trattarli come cittadini di seconda classe”. Wolfgang Angermann (a dispetto del suo nome che in inglese significherebbe uomo arrabbiato) è un gentile avvocato tedesco in pensione, che parla sempre con il sorriso sulle labbra. Ora che ne ha il tempo, spiega, si dedica a quello a cui tiene, come l’essere presidente dell’Ebu, la maggiore associazione europea che difende gli interessi dei ciechi e degli ipovedenti.
E’ preoccupato adesso, come lo è tutta la sua associazione, perché il mondo che cambia rischia di prendere un verso per il quale le esigenze di chi ha questo particolare deficit siano tenute meno in considerazione di quanto è invece necessario. Sono tre i punti che hanno portato l’Ebu ad incontrare i giornalisti oggi a Bruxelles,in occasione della Giornata europea delle persone handicappate, per portare all’attenzione di tutti alcuni temi: il diritto all’accesso alla lettura, lo sviluppo delle nuove tecnologie “on line” e, e qui c’è in gioco proprio la pelle, le nuove automobili elettriche o ibride.
Del problema auto ha parlato Rodolfo Cattani, italiano, responsabile per l’Ebu delle relazioni con l’Unione europea. “Le auto silenziose sono un problema nuovo, e non vogliamo che siano un pericolo”, ha spiegato. La questione è che un cieco riesce a sentire l’avvicinarsi di un’auto solo quando questa supera i 40 chilometri l’ora, grazie ar rumore degli pneumatici sull’asfalto. Sotto quella velocità, dunque in città,non la sente se non grazie al rumore del motore, che non c’è nelle auto elettriche. Dopo una lunga battaglia con Commissione e Consiglio, e la lobby dei costruttori di auto, si è giunti ad una normativa in materia, ma è ancora troppo lacunosa. “Il trilogo si è concluso il cinque novembre – spiega Cattani – ma il testo è ancora segreto, sarà svelato in Parlamento a gennaio”. La questione è nei tempi e modi di introduzione dell’Avas, il sistema di suoni che le auto dovrebbero produrre. “Il Consiglio vuole renderne obbligatoria la dotazione in 4-6 anni, consentendo anche ai conducenti di poterlo disattivare- dice Cattani – il che è pericolosissimo”. Off the records emerge che gli avversari di questi sistemi di sicurezza sono i costruttori, che temono un aumento dei costi, ma intanto discutono anche della possibilità di avere ognuno il suo “bip bip” caratterizzante, di brand. Intanto, mentre il Parlamento sostiene con forza le ragioni dell’Ebu, mentre Commissione e Consiglio tergiversano, le auto silenziose si moltiplicano, moltiplicando anche i pericoli, che poi non riguardano solo chi non vede, ma anche i bambini, e qualche adulto distratto.
“L’accesso alle informazioni è un diritto umano”, ha detto poi, con il suo solito sorriso Angermann, introducendo il tema dei libri, che solo per meno del 5% della produzione nei paesi avanzati sono pubblicati in formati fruibili per i ciechi (come audio o braille). Nei paesi più poveri non si arriva all’1%. “E’ una situazione che deve terminare”, ha ammonito il tedesco, ricordando che a Marrakesh lo scorso giugno, alla presenza del cantante statunitense Stevie Wonder, è stata approvato un Trattato “nonostante l’opposizione di Commissione e Consiglio Ue”, che interviene sul commercio e sul coyright dei libri per i ciechi. Almeno venti Paesi però devono ratificarlo perché sia possibile abbattere i diritti di pubblicazione e rendere possibile il commercio internazionale delle traduzioni adatte a queste persone. “Noi chiediamo alla Commissione di sostenere il processo di ratifica – spiega Angermann – ma sembra che per loro questa non sia un’urgenza. Chiediamo, anche su questo, l’aiuto dei deputati europei, perché facciano pressione. La Commissione deve ratificare, adesso!”.
E poi c’è la terza emergenza data dalla modernità: internet. Per chi non vede è un mondo in gran parte nascosto, con un’accessibilità assolutamente insufficiente, mentre invece è sempre più importante poterlo aprire, vista la quantità di servizi, pubblici e privati, che si stanno spostando lì. Neanche il sito del Consiglio europeo è accessibile a tutti i ciechi, ma solo a quelli che parlano inglese e se i testi sono in inglese. I risultati in altre lingue sono ridicoli, “perché manca un piccolo accorgimento, che costa davvero poco, per far sapere alla macchina che qual che legge non è in inglese, ma al quale non si è pensato”, spiega il giovane belga Bart Simons, responsabile del settore Nuove tecnologie ell’Ebu. Ora c’è in discussione una direttiva per imporre che i siti di servizi pubblici siano accessibili anche ai non vedenti, ma anche qui, sempre, in particolare, al Consiglio, si perde tempo, si tergiversa, “e noi vorremmo invece accelerare – spiega Simons – perché a maggio ci saranno le elezioni per il Parlamento europeo, e se non si è terminato il percorso si rischia di perdere mesi, o anni per riprendere le fila”. Anche i ciechi vogliono poter comprare un biglietto aereo o un oggetto su E-Bay, “vogliamo una cosa semplice, non una cosa impossibile, vogliamo poter fare quello che gli altri possono fare”, dice Simons.
Tra l’altro, è stato spiegato, se non si fanno i servizi per i ciechi “nelle” produzioni come le auto, o i servizi internet, o nelle macchine per comprare i biglietti del bus, nei servizi pubblici, “poi i costi si elevano, perché bisogna creare delle strutture apposite per erogare queste informazioni o prodotti o quel che è. Come ha spiegato Carine Marzin, funzionaria dell’Ebu, “i governi dovrebbero vedere il problema nel lungo termine, non nel risparmio immediato della realizzazione di una struttura, ma pensare ai costi che ci saranno dopo”.
Lor