L’eurodeputato trevigiano ha preso parte alla mobilitazione della Coldiretti “La battaglia di Natale: scegli l’Italia” contro le importazioni di falso “Made in Italy”. “Da Ue più garanzie per chi lavora onestamente”
“È incredibile come il nostro agroalimentare, che rappresenta oltre il 17% del PIL, soffra all’interno dei propri confini di una concorrenza sleale da parte di falso ‘Made in Italy’, che sta mettendo in ginocchio le nostre imprese”.
Questo il commento dell’eurodeputato Giancarlo Scottà, membro in Commissione Agricoltura, sulla manifestazione indetta da Coldiretti con il titolo “La battaglia di Natale: scegli l’Italia”. Una mobilitazione che ha visto stamane l’europarlamentare del Carroccio al fianco di migliaia di agricoltori accorsi a presidiare il valico del Brennero per smascherare il “finto Made in Italy” che all’insaputa dei consumatori attraversa il confine e finisce sulle nostre tavole.
“C’è bisogno di maggiore controllo da parte delle istituzioni europee – prosegue Scottà – al fine di tutelare l’identità del nostro agroalimentare su tutta la filiera. Quella lanciataoggi è una battaglia di tutti perché l’origine della materia prima in etichetta non vuol dire solo più trasparenza per i consumatori ma fa anche il bene degli stessi agricoltori. L’obiettivo è, infatti, valorizzare il lavoro onesto di quelle imprese che investono per realizzare prodotti di alta qualità”.
Nell’occhio del ciclone l’enorme volume di materie prime importate dall’estero che, una volta lavorate, vengono immesse nel mercato con nomi commerciali evocativi di tipicità nazionali proprio perché, a livello europeo, manca una legislazione chiara in materia di etichettatura per quanto riguarda l’origine dei prodotti.
Secondo le stime della Coldiretti, in Italia rispetto a 73, 5 milioni di cosce suine consumate, per esempio, 57,3 milioni sono di importazione, 24,5 milioni sono di produzione nazionale mentre 8, 3 milioni vengono avviate all’esportazione. Da recenti articoli apparsi sulla stampa europea, è emerso che l’efficienza dell’industria della carne suina in Germania è basata su prodotti a basso costo, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento non sostenibili che includono l’utilizzo massiccio di antibiotici.
“Siamo di fronte ad un problema di concorrenza sleale che, combinato con la crisi, ha provocato la chiusura di migliaia di stalle e aziende agricole, con conseguente perdita, se si guarda solo all’ultimo anno, di circa 36.000 posti di lavoro”, conclude Scottà. “Il consumatore deve sviluppare una maggiore dimestichezza verso i prodotti a denominazione, gli unici che certificano la provenienza e la salubrità di ciò che si sta mangiando, e imparare a distinguerli da quei prodotti di imitazione che stanno mettendo a rischio, non solo la nostra economia, ma anche la salute dei cittadini europei”.