L’ipotesi che possa raggirare l’incandidabilità è difficile ma non impossibile. Che sia l’Ungheria, l’Estonia o Malta il Cavaliere deve ottenere il passaporto di un altro Paese Ue, in quel caso sarebbe soggetto esclusivamente alla legge di quello Stato e non a quella di Roma o Bruxelles
L’ipotesi che Silvio Berlusconi possa candidarsi alle prossime elezioni europee in un altro Stato membro, e raggirare così l’incandidabilità in Italia dovuta alla condanna definitiva per frode fiscale, per quanto assurda possa sembrare, attenendosi strettamente al diritto comunitario, non è irrealizzabile almeno in linea teorica, a patto però che riesca ad acquisire la cittadinanza di un altro Paese membro, e non solo la residenza.
Già a settembre il Messaggero per primo scrisse dell’ipotesi che l’ex presidente del Consiglio potesse prendere la cittadinanza estone per puntare a un seggio a Bruxelles, ipotesi che fu presa sul serio da un quotidiano locale, il Postimees, che spiegò tutti i motivi per cui questa possibilità era difficile ma forse non impossibile. Adesso è La Repubblica a rilanciare indiscrezioni secondo cui l’entourage del Cavaliere (ormai ex anche questo) starebbe pensando a tre ipotesi: Ungheria dove avrebbe l’appoggio del presidente Victor Orban, Bulgaria dove si può diventare cittadino investendo 511 mila euro nell’economia nazionale (ma sembra che la legge locale impedisca di candidare cittadini che hanno avuto condanne negli Stati di origine) o, appunto, Estonia.
La direttiva europea in materia di eleggibilità è la 93/109/CE ed è relativa alle “modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini”. Grazie a questa direttiva in passato fu eletta ad esempio, Monica Frassoni, che in quanto italiana ma residente in Belgio nel 1999 conquistò un posto nell’Aula di Strasburgo candidata nelle liste dei Verdi francofoni belgi “Ecolo”. La stessa fortuna non ebbe Giulietto Chiesa, che nel 2009 (dopo l’elezione cinque anni prima nella lista Di Pietro – Occhetto) si era candidato in Lettonia, con la lista della minoranza russa “Per i diritti umani in una Lettonia unita”, ma non fu eletto.
Entrambi non avevano precedenti penali e infatti la direttiva comunitaria afferma esplicitamente che “ogni cittadino dell’Unione che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d’origine, è escluso dall’esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo”. Al punto 2 l’articolo 6 precisa che “la candidatura di ogni cittadino dell’Unione alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza è dichiarata inammissibile qualora detto cittadino non possa presentare l’attestato di cui all’articolo 10, paragrafo 2”. E l’articolo 10, paragrafo due spiega chiaramente: “Il cittadino comunitario eleggibile deve inoltre presentare, all’atto del deposito della propria candidatura, un attestato delle autorità amministrative competenti dello Stato d’origine che certifichi che egli non è decaduto dal diritto di eleggibilità in tale Stato o che a dette autorità non risulta che il cittadino sia decaduto da tale diritto”. Insomma le regole sono molto chiare ma, appunto, riguardano un ‘residente’, non un cittadino.
“Se prendesse la cittadinanza di un altro Stato membro dell’Ue semplicemente questa direttiva non si applicherebbe, perché riguarda esclusivamente questioni transazionali” ci spiega una fonte del Parlamento. Insomma se davvero “acquisisse un’altra cittadinanza allora Berlusconi sarebbe soggetto esclusivamente alla legge di quel Paese e la direttiva 93/109/CE non avrebbe alcuna efficacia”. L’ex premier dovrebbe insomma soltanto (si fa per dire) acquisire la nuova cittadinanza (e farlo in fretta tenendo presente che sarà presto sottoposto a un regime di restrizione della libertà dovendo svolgere i servizi sociali), verificare che le leggi nazionali non impediscano a un candidato condannato nel Paese di precedente cittadinanza di candidarsi, poi trovare una lista che sia disposta ad accettarlo (o addirittura costituirne una propria) e ultimo, naturalmente, conquistare i voti necessari all’elezione. Insomma un compito piuttosto arduo, soprattutto visto che mancano solo 6 mesi alle consultazioni, ma non impossibile. Almeno teoricamente.
Ps: giusto per la cronaca ricordiamo che Malta ha da poco messo in vendita la sua cittadinanza: 650mila euro e il gioco è fatto
Alfonso Bianchi
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