Questa storia della crescita dei partiti euroscettici è una bufala. O per essere più precisi: è un paravento che i partiti “tradizionali” stanno ponendo tra il loro europeismo sempre più prudente e l’accusa di un rallentamento dell’afflato europeo dovuto alle pressioni dei cittadini che scelgono questi partiti, quasi tutti di destra, molti di estrema destra, alcuni proprio neofascisti o neonazisti.
E’ vero, queste forze esistono, in Slovacchia un tipo ridicolo vestito da nazista alla Monty Python ha anche vinto delle elezioni regionali, qualche fascista in giacca e cravatta normale è diventato sindaco in paesi o paesetti, al massimo cittadine, in giro per l’Europa. Qualche originale naif, come un paio di grillini, ha avuto successo nelle elezioni locali. Bart De Wever, un signore molto civile, ma molto separatista, un po’ sciovinista, è diventato sindaco di Anversa (che è una cittadina nel nord del Belgio). Ma queste forze, anche messe tutte insieme, non sono in grado di mettere pensiero, a livello europeo, ai partiti “tradizionali”, al Ppe, al Pse, ai liberali, ai verdi, alla sinistra. Non esiste un sondaggio che dica che l’Ukip si impossesserà dell’Aula di Strasburgo, o che lo faccia Marine Le Pen, o la Lega Nord e non potranno fare nemmeno uniti, anche se si unissero, ma i loro nazionalismi e le loro visioni del mondo assolutamente divergenti lo impediscono.
Si tratta certo di un fenomeno, grave, non sempre serio (come quando si mascherano), che va studiato, affrontato, perché possa essere evitato (in particolare nei suoi aspetti più pericolosi neofascisti o neonazisti, abbiamo già dato). Ma non può essere usato come strumento dai partiti tradizionali per giustificare politiche di passi indietro rispetto alla crescita dell’Unione europea e non devono i giornalisti cavalcare la facile scrittura di titoli come “l’onda nera che avanza” oppure “il populismo fantasma dell’Europa”. Non è buona politica, non è buon giornalismo.
Il fenomeno va seguito, ma ognuno deve prendersi le sue responsabilità. E la risposta non è, non può essere, nel miope rincorrere politiche nazionaliste, protezioniste o scioviniste. Sarebbero scelte di cortissimo respiro, molte delle quali già realizzate e per le quali stiamo pagando il prezzo, non certo da statisti e non certo utili “ai nostri figli e ai nostri nipoti”, ai quali spesso i leader politici si rivolgono, certi che questi non li ascoltano.
Lorenzo Robustelli