Il premier britannico propone restrizioni per impedire l’arrivo di rumeni e bulgari sull’isola
La vicepresidente della Commissione: “Il mercato unico non vale solo per capitali, beni e servizi”
Il premier britannico David Cameron, nel suo tentativo di recuperare i voti conservatori in libera uscita verso l’Ukip di Nigel Farage, ha lanciato dalle pagine del Financial Times un piano per rendere la libertà di movimento nell’Ue “un po’ meno libera”. Nel mirino di Londra i cittadini bulgari e rumeni che dal prossimo gennaio avranno gli stessi diritti di tutti gli altri partner Ue dopo cinque anni di transizione, un cambiamento che spaventa la Gran Bretagna conservatrice che teme una possibile “invasione”.
Per questo Cameron è intenzionato a prendere diverse misure restrittive: i nuovi immigrati non avranno sussidi di disoccupazione nei primi tre mesi senza lavoro; gli assegni saranno sospesi dopo sei mesi a meno che il lavoratore non dimostri di avere una reale prospettiva di impiego; saranno irrigiditi i controlli sulla residenza; non verrà previsto nessun sussidio automatico e immediato per la casa; chi non dimostra di cercare attivamente lavoro avrà una espulsione per un anno; e infine verranno quadruplicate le multe per i datori di lavoro che non pagano il salario minimo.
Ma soprattutto nel suo intervento sul quotidiano londinese Cameron ha chiesto a Bruxelles “nuove disposizioni che rallentino il pieno accesso ai mercati del lavoro di un altro Stato fino a quando non potremo essere sicuri che non causerà grandi migrazioni”. Per questo il premier ipotizza che vengano imposte restrizioni alla circolazione fino a che il prodotto interno lordo pro capite di un Paese non raggiunga una certa quota della media europea o comunque di consentire a ciascun Gverno di impostare un tetto annuale sui migranti provenienti dall’Ue. Tutto questo perché a suo avviso “le cose sono andate male” in un sistema in cui 1 milione di europei dell’est si sono stabiliti in Gran Bretagna dopo gli allargamenti del 2004, quando entrarono nell’Ue tutti insieme Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia, a cui si aggiunsero tre anni dopo appunto Bulgaria e Romania.
“La libertà di movimento è uno dei pilastri fondamentali dell’Ue, sottoscritto anche dalla Gran Bretagna” gli ha risposto oggi Viviane Reding. La vicepresidente della Commissione europea non ha nascosto il suo disappunto nei confronti di Londra a cui ha ricordato: “Il mercato unico si compone di quattro libertà di movimento fondamentali, quella dei capitali, delle merci, dei servizi e delle persone. O le prendi tutte e 4 o nessuna”. Reding ha ricordato a Londra che “aziende di telecomunicazione e banche” britanniche “beneficiano di questa libertà di movimento anche in Bugaria e Romania” e gli stessi cittadini dell’Isola lo fanno “al punto tale che in Bulgaria ci sono villaggi proprio per loro”. Come se non bastasse il Regno Unito “è il quarto maggiore Paese per emigrazione esterna dell’Ue con circa 1,4 milioni di cittadini” che hanno lasciato il Paese per un altro Stato comunitario. Insomma per Reding sono gli ultimi a potersi lamentare e, comunque, ha concluso la vicepresidente, di rimettere in discussione le direttive comunitarie sulla libera circolazione non se ne parla proprio: “Ci vuole una proposta della Commissione per cambiarla. E l’unanimità del Collegio dei commissari non vede la necessità di cambiare la direttiva”.
Alfonso Bianchi