Alza la voce Enrico Letta contro i monaci del rigore economico. Ha ragione da vendere, questo sito la pensa così da tempo. Ma da tempo non la pensa così Enrico Letta, che si è schierato contro quelli che lui chiama, con una non celata forma di razzismo religioso, “ayatollah” del rigore. Ora è facile dirlo, dopo che lo ha detto Olli Rehn davanti al Parlamento europeo, dopo che lo ha detto José Manuel Barroso davanti ai giornalisti… Sarebbe stato meglio dirlo tempo fa, quando si sono avviate le sciagurate campagne di austerità che anche i governi italiani sostenuto da Enrico Letta hanno approvato.
Ma non è questo il nostro tema. Il tema è il tentativo del governo di fare un’operazione “vela” per distrarre l’attenzione da quel che davvero succede in Italia e dalla vera questione che Bruxelles tenta in ogni modo di fare tenere presente. Se Letta dice quella che ora è diventata una banalità, pur se è assolutamente vero ,che “di troppo rigore l’Europa finirà per morire e le nostre imprese finiranno per morire”, sembra solo voler distogliere l’attenzione da quello che l’Italia non sta facendo e che l’Unione europea, alla quale liberamente abbiamo deciso di appartenere e liberamente continuiamo a farlo, e che non è far tirare la cinghia ai cittadini, ma fare in modo che prima o poi un governo italiano riesca a fare scendere il debito pubblico e faccia le riforme necessarie perché il paese possa funzionare in maniera decente.
Ora non è questione di discutere il valore dell’indicatore debito per lo stato di un’economia. Crediamo anzi che non sia necessariamente un buon indicatore, se considerato insieme ad altri numeri che invece “tirano”. In Italia però non tira nulla e comunque sia si è accettata questa regola del 60% del debito rispetto al Pil, quindi dobbiamo farcela. Però non c’è nulla nell’attività dei governi dopo la caduta di Romano Prodi che abbia dato un segno serio in questo senso. Anche la questione delle privatizzazioni non ha per niente tranquillizzato, perché, è stato detto e ridetto a Bruxelles, sono un’operazione one shot, e se non si ristruttura il sistema e, dopo un anno, forse due, la questione resta la stessa. Resta poi il fatto che le privatizzazioni sono state annunciate 100 volte e mai sono state fatte, che si era promesso che l’Imu sarebbe stata una imposta salvifica e poi è stata tolta, che i governi durano sempre troppo poco e/o sono troppo traballanti per realizzare davvero qualcosa di duraturo. La spending review è certo apprezzata, ma non è la prima che viene annunciata e poi l’enorme portata a cui pensa Fabrizio Saccomanni (circa il 2% del Pil di risparmi nei prossimi anni) lascia perplessi, vista la storica incapacità dei governi italiani di agire su questo fronte. Anche le provincie, son sempre lì…
Se poi le privatizzazioni sono accompagnate da un rivalutazione delle quote della Banca d’Italia che, come spiega egregiamente lavoce.info (ed anche altri), sarà pagata dai cittadini ecco che la menzogna degli ayatollah del rigore esplode in tutto il suo senso: ai cittadini i soldi saranno tolti lo stesso, se no sotto il pretesto del rigore, senza neanche dirglielo sotto il pretesto di un’operazione che sembra sana, ma tanto sana potrebbe non essere. E se i cittadini, e le imprese, vengono ancora una volta tassati subdolamente ecco che si toglie danaro dalla circolazione, che le famiglie non spendono e le imprese non investono. Si fa solo un’operazione di maquillage contabile che è quel che Bruxelles, giustamente, non vuole.
Lorenzo Robustelli