Entro il 2020 le donne dovrebbero occupare almeno il 40% dei posti nei consigli d’amministrazione delle società quotate in borsa. Dovrebbero, ma non c’è nessun obbligo al riguardo. A grande maggioranza (459 voti favorevoli, 148 contrari e 81 astensioni) il Parlamento europeo in seduta plenaria a Strasburgo ha approvato una direttiva comunitaria per agevolare la presenza femminile nei posti di comando delle imprese europee. Ma dall’Europa non arrivano imposizioni sulle quote rosa: i deputati “invitano gli Stati membri a garantire che le società quotate adottino misure efficaci e vincolanti per garantire la parità di accesso a posizioni non esecutive” nei cda per uomini e donne. In questo modo, si dovrebbe arrivare, entro il 2020, alla percentuale del 40% di incarichi rosa. Obiettivo che dalle società pubbliche dovrebbe essere invece già raggiunto nel 2018.
Sicuramente un segnale forte, ma comunque ben lontano dalle quote rosa a cui la Commissaria europea Viviane Reding ha più volte mostrato di mirare, sottolineando i grossi risultati ottenuti nei Paesi che le hanno adottate. Si parla ad esempio della Francia, dove l’obbligo è di riservare alle donne il 40% dei posti nei cda, o della stessa Italia, dove la normativa impone una partecipazione femminile del 33%. Ma l’ipotesi di un sistema di questo tipo, fondato su una soglia obbligatoria del 40% di rappresentanza femminile, ha incontrato un fronte di opposizione compatto costituito soprattutto dai Paesi del nord tra cui anche Gran Bretagna e Germania.
Così il progetto di direttiva europeo approvato ieri (ma un problema sulla rete Telecom in Italia ci ha impedito di pubblicare la notizia fino ad oggi, ndr) dal Parlamento, risulta molto meno rigido. I deputati insistono sull’importanza di procedure di selezione trasparenti, basate su “qualifiche e merito” e che diano la priorità, in caso di titoli equivalenti, al candidato del sesso sottorappresentato. Le regole non si applicheranno alle imprese con meno di 250 dipendenti.
Per chi non si adegui alle richieste i deputati propongono sanzioni: non tanto per le aziende che non raggiungano l’obiettivo del 40% ma piuttosto per quelle che non mettono in atto procedure di nomina trasparente. Tra le sanzioni, che il Parlamento vorrebbe obbligatorie e non indicative come proposto invece dalla Commissione, anche “l’esclusione da tutte le gare pubbliche di appalto”.
La proposta di direttiva, che riguarda tra l’altro solo i membri non esecutivi dei Cda delle aziende, “è il risultato di un compromesso” ammette in conferenza stampa dopo il voto una delle due relatrici, la greca Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (Ppe). “Ci sono state grosse difficoltà ad arrivare a questa proposta come base del ragionamento perché molte imprese erano preoccupate del fatto che si turbasse il management delle aziende troppo rapidamente. Siamo ottimisti che in futuro si possa ottenere di più”, dice.
Per Reding quella di oggi è comunque una “giornata storica” perché “con una maggioranza schiacciante, transpartitica e transfrontaliera, il Parlamento europeo ha avallato l’uguaglianza tra uomini e donne”. Oltre il 60% delle donne, ricorda la Commissaria, sono laureate ma oltre l’80% dei membri nei consigli di amministrazione sono uomini: “Cosa succede tra università e lavoro?” si chiede Reding, concludendo che oggi “stiamo sprecando competenze e ciò che più ci serve per rafforzare le nostre aziende”.