Il tribunale di Lussemburgo conferma lo stop all’adattamento automatico al costo della vita per gli stipendi degli euroburocrati. A giustificarlo il “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale”
In tempi di crisi economica, anche gli stipendi dei funzionari dell’Unione europea devono rimanere bloccati, senza essere rivisti al rialzo per adattarsi al crescente costo della vita. A stabilirlo è la Corte di Giustizia dell’Unione europea, che interviene in una disputa tra Commissione e Consiglio sull’entità degli stipendi 2011.
Secondo lo statuto dei funzionari comunitari, è il Consiglio, su proposta della Commissione, a dover decidere l’entità dell’adattamento degli stipendi sulla base di un calcolo matematico che tiene conto del costo della vita a Bruxelles e del potere di acquisto dei salari in 8 Stati membri. Lo statuto prevede però anche una clausola d’eccezione che permette di bloccare questo aumento a fronte di una crisi, un “deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione”.
Il problema si è posto per il 2011, anno per cui Commissione e Consiglio sono giunti a conclusioni diverse sul da farsi. Per l’esecutivo Ue non sussistevano le condizioni per fare scattare la clausola e stipendi e pensioni dovevano comunque essere rivisti al rialzo, con un aumento dell’1,7%. Per il Consiglio, invece, esisteva quella condizione di improvviso deterioramento dovuto alla crisi, che consentiva di bloccare l’aumento.
Chiamata a decidere sul caso, la Corte di giustizia Ue ha stabilito che spetta al Consiglio e non alla Commissione constatare l’esistenza di una situazione economica tale da fare scattare la clausola di stop all’adattamento degli stipendi. E resta quindi effettivo il taglio delle remunerazioni contro cui la Commissione aveva fatto ricorso alla corte. A questo punto l’esecutivo Ue è tenuto a fare a Parlamento e Consiglio nuove proposte che tengano conto della situazione di crisi economia ce sociale constata dal Consiglio nel 2011.
L.P.