Se c’è una frase che, soprattutto in Italia, è stata abusata al punto tale da essere stata svuotata ormai di ogni significato, questa frase è sicuramente quella di Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che hai da dire, ma difenderò fino alla morte il diritto di dirlo”. Ma queste parole, pronunciate da Malala Yousafzai alla cerimonia di consegna del Premio Sakharov 2013 al Parlamento europeo, da questa giovane che è miracolosamente scampata a un attentato dei talebani che volevano impedirle con la morte il diritto di esprimere le proprie idee, hanno riacquistato in un attimo tutta la loro forza e profondità.
Nel consegnarle il riconoscimento per la libertà di pensiero oggi a Strasburgo, il Presidente Martin Schulz ha definito la giovane pakistana una “sopravvissuta”, una “eroina”, una persona “straordinaria per il suo impegno a difesa del diritto all’istruzione”. Fu proprio perché lei, nella valle dello Swat in Pakistan, lottava affinché i talebani permettessero alle ragazze di frequentare la scuola, che gli integralisti islamici nell’ottobre 2012 le spararono diversi colpi di pistola colpendola al volto e al collo. “Io non voglio essere conosciuta come la ragazza a cui i talebani hanno sparato, ma come la ragazza che lotta per l’istruzione. A questo voglio dedicare la mia vita” ha scritto però lei nel suo libro ‘Io sono Malala’ e ora secondo Schulz “a soli 16 anni è la voce di milioni di bambini e ragazzi privati dell’istruzione”, e ci ricorda col suo impegno che “senza istruzione non c’è speranza per un futuro migliore. Senza istruzione non c’è emancipazione. Senza istruzione non c’è libertà di pensiero”.
Lei, nel ricevere il Sakharov, in piedi di fronte all’Aula di Strasburgo, vestita con i suoi vestiti tradizionali e con il velo sulla testa, ha iniziato il suo discorso con le parole “nel nome di Dio misericordioso” e dedicando il riconoscimento “a tutti gli eroi non celebrati del Pakistan”. Malala si è detta “onorata” di ricevere il premio che in passato è stato assegnato “a Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi e Kofi Annan”. Nel rivolgersi ai deputati sempre con l’appellativo “cari fratelli e care sorelle” ha parlato dell’esigenza di un “cambiamento di ideologia”, un cambiamento che ci porti a capire che “una superpotenza è un Paese con persone qualificate e istruite, non un Paese con eserciti e armi”.
E con questo bene in mente, in un mondo in cui 125 milioni di bambini e adolescenti, di cui tre quarti sono ragazze, non hanno accesso all’istruzione, per la giovane Malala dobbiamo “lottare per la sopravvivenza dei deboli perché se lasciamo delle persone indietro e ai margini della società, non avremo mai successo e non sopravviveremo anche se siamo i più forti”. Per questo dobbiamo continuare ad avere “speranza” e aiutare questi milioni di bambini che “vogliono solo una penna”.
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