Gli industriali italiani hanno due case: una a Roma e una a Bruxelles. Anzi, forse è una casa unica, con due porte, neanche tanto lontane, nella quale quella principale non è neanche detto che sia quella italiana. Lo ha deciso il comitato di presidenza, stabilendo una modifica statutaria per la quale la sede ufficiale dell’associazione degli industriali italiani è doppia, Bruxelles e Roma. Ora l’Assemblea dovrà ratificare la scelta, che sembra però condivisa e già oggi si è svolto il primo Comitato di presidenza nella capitale dell’Europa. E’ stata una riunione più simbolica che altro, ma c’è stata e gli imprenditori non hanno tempo da perdere (immagino) e dunque se lo hanno fatto era perché avevano un risultato da conseguire.
La presidenza di Giorgio Squinzi è iniziata nel segno dell’Europa, tra appuntamenti ufficiali e riservati (tanti), perché questo imprenditore ha capito, detto in parole povere, che per andare avanti, per fare utili, bisogna essere lì dove le decisioni si prendono. Ho molte riserve sulle capacità vere di tanti imprenditori italiani, però questo qui, che gli altri hanno scelto come loro presidente, ha capito per lo meno che l’era degli aiuti di stato è finita, e che bisogna giocare in un mare più grande, e che in questo mare bisogna essere vicini alle leve del potere che certo non è più in Italia, se c’è mai stato, ed è molto più a Bruxelles, dove, non bisogna stancarsi di ripeterlo per chi non lo abbia capito, si decidono i contenuti del 75% delle legislazioni nazionali, nel bene e nel male, ovviamente.
La capitale, ha capito Squinzi e la sua Confindustria, non è più Roma, ma è Bruxelles. E’ la prima “istituzione” italiana che lo capisce, non lo hanno capito i sindacati, non lo hanno capito i partiti e non lo ha capito nemmeno il governo, temo. Devo dire che sono contento di questo colpo di reni dell’industria italiana, che, da decenni, non mostrava particolari segni di vitalità. Vorrei vedere sullo stesso cammino anche altri, a partire dal governo.
Perché Enrico Letta non organizza un bel consiglio dei ministri a Bruxelles? Non ‘privatamente’ in rappresentanza diplomatica, non per discutere di un evento particolare come potrebbe essere il semestre europeo a guida italiana, ma proprio dentro il Consiglio europeo e per discutere un atto ordinario come potrebbe essere, non so, un profondo provvedimento per la lotta alla disoccupazione? Perché il governo non potenzia la sua rappresentanza a Bruxelles, infarcendola di funzionari e diplomatici che abbiano rapporti con i giornalisti, con i deputati europei, con i lobbisti, con i funzionari italiani, con qualsiasi italiano che lavora a qualsiasi titolo per l’Ue. Magari, scandalo, aprendo anche una scuola italiana a Bruxelles perché gli italiani qui si sentano a casa loro, perché questa è casa loro, e non all’estero?
Lorenzo Robustelli