A Strasburgo la consegna del riconoscimento per la libertà di pensiero del Parlamento europeo che non le era mai stato dato perché costretta agli arresti domiciliari. La leader per la lotta contro la dittatura: “ Abbiamo bisogno della solidarietà di tutto il mondo e dell’Unione europea”
dal nostro inviato Marco Frisone
Ci ha pensato Aung San Suu Kyi a colorare una giornata grigia per il Parlamento europeo dopo la notizia di ieri sulla possibile insolvenza dei pagamenti della Commissione. E non è semplicemente per l’elegantissimo abito giallo e verde che la leader della lotta per la libertà in Birmania ha sfoggiato nell’emiciclo di Strasburgo. Ad illuminare la giornata dell’assemblea è stata soprattutto l’immagine che la donna rappresenta in Europa e nel mondo: l’impegno, la determinazione e la battaglia per l’accesso alla democrazia e alle libertà fondamentali. La leader politica birmana è diventata un’icona mondiale per la sua coraggiosa lotta in un Paese oppresso da una rigida dittatura militare. Dopo aver vinto il premio Sakharov del Parlamento europeo per la libertà di pensiero nel 1990, non ha mai potuto ritirarlo di persona poiché costretta agli arresti domiciliari dal regime del suo Paese. Un’attesa, quella di San Suu Kyi, lunga più di vent’anni. Un’attesa fatta di lotte politiche, sofferenza e determinazione nel portare avanti i valori fondamentali della democrazia.
E oggi finalmente il Presidente Martin Schulz ha potuto porre fine a questa attesa e consegnarle il Sakharov. Sul volto di Aung San Suu Kyi evidenti i segni della commozione quando in Aula è stato proiettato il video della prima consegna del premio al figlio, quando lei si trovava ancora agli arresti. “La ringrazio a nome di tutti gli uomini del mondo libero – ha commentato Schulz – dopo 23 anni di sofferenza, questo è un momento di gioia e di grande significato”.
Una donna dalla vita travagliata, che ha combattuto e combatte per il suo popolo, e che si è fatta carico delle conseguenze di questa battaglia, pagando personalmente questa sua dedizione, ma che nonostante ciò ha continua e continua a lottare per quello in cui crede. “È importante – ha detto nella seduta solenne San Suu Kyi – garantire la riconciliazione tra l’esercito che è al potere in Birmania e i civili che vogliono la democrazia. Per questo abbiamo bisogno della solidarietà di tutto il mondo e dell’Unione europea”. Nell’era della globalizzazione nessuna parte del pianeta può ignorare quello che accade nei Paesi più lontani. Per Aung San Suu Kyi anche in Birmania, così come in Europa, la necessità è quella di ricercare “l’unità nella diversità”, soprattutto per le generazioni future.