Le elezioni europee del 2014 si avvicinano sempre di più e in Europa c’è più che mai bisogno di uno spazio di informazione e dibattito comune. Eppure tra pochi mesi uni di questi spazi di discussione è destinato a chiudere, e proprio per volontà dell’esecutivo di Bruxelles. Si tratta del portale PressEurop che da oltre 4 anni propone su un unico sito internet ogni giorno il meglio sella stampa europea in ben 10 lingue diverse. Un modo semplice ed efficace di fornire un luogo di riflessione comune tra cittadini di Stati diversi ma tutti appartenenti alla stessa famiglia europea. Un sito su cui addirittura i commenti dei lettori vengono tradotti, proprio per mettere in contatto e stimolare il confronto tra persone che vivono a centinaia di chilometri di distanza.
A dicembre scadrà il bando che Courrier international (gruppo Le Monde), insieme a Courrier internacional (Lisbona), Forum (Varsavia) e Internazionale (Roma), avevano vinto nell’autunno del 2008. La Commissione europea il 19 giugno scorso, per prolungare il servizio, aveva lanciato un altro bando con gli stessi fondi (3,9 milioni l’anno per 4 anni) chiedendo però un servizio con maggiori contenuti multimediali e più social network. “È chiaro che noi avremmo voluto partecipare avendo anche ormai un certo ‘know how’ che pensavamo di mettere a frutto – spiega Gian Paolo Accardo, vice capo redattore centrale di PressEurop – Ma dopo pochi giorni dal lancio del bando sono partiti diversi attacchi al progetto sui giornali del gruppo Murdoch. Il Wall Street Journal e il Times, che denunciavano che la Commissione voleva creare una ‘Pravda’ dell’Ue. Dopo poco tempo, quando diverse realtà, tra cui noi, erano già pronte a partecipare, il bando è stato ritirato affermando che c’erano ristrettezze budgetarie”.
Per quanto ci è dato sapere l’esperienza di PressEurop non piaceva non solo ai giornali del gruppo Murdoch ma anche a Gran Bretagna e Germania, che non sembra fossero molto felici di questo media che, a loro avviso, criticava troppo spesso il loro modo di rapportarsi all’Unione europea. Fatto sta che senza il sostegno dell’esecutivo comunitario il progetto PressEurop è così destinato a chiudere con 11 dei 14 giornalisti che perderanno il lavoro, così come lo perderanno i vari traduttori.
Sul perché di questa scelta della Commissione ieri Mina Andreeva, portavoce della vicepresidente Viviane Reding, ha spiegato che è stata dettata “delle lamentele di organizzazioni giornalistiche” secondo cui il finanziamento comunitario violava la concorrenza, e dalle “ristrettezze finanziarie” che obbligano Bruxelles “a concentrarsi su progetti che portano un valore reale ai soldi dei contribuenti”. Ma entrambe queste affermazioni suonano a dir poco strane alla luce dei risultati del sito e dei commenti delle organizzazioni di categoria. A settembre l’Associazione della stampa internazionale, la più importante organizzazione giornalistica europea con sede a Bruxelles, nel discutere con i tecnici dell’esecutivo del bando ritirato aveva affermato (leggi il comunicato) di essere “favorevole” a un progetto in cui gli articoli fossero “scelti tra i media dell’Ue e tradotti in diverse lingue, permettendo al pubblico in ciascuno di questi Paesi di imparare come i problemi venivano visti in altri Stati membri”, aggiungendo che PressEurop “con il suo comitato di redazione indipendente, non è stato un prolungamento del lavoro dei servizi di pubbliche relazioni delle istituzioni europee”. Insomma, nessuna Pravda.
Per quanto riguarda poi i soldi dei contribuenti che dovrebbero essere investiti in “progetti che portano un valore reale”, la Commissione con questa affermazione smentisce l’agenzia a cui essa stessa aveva in precedenza affidato il controllo dell’efficienza del sito. Secondo l’audit della Deloitte del novembre 2012 (guarda il testo completo dell’audit pubblicato sul sito della Commissione) “il portale PressEurop risponde alle esigenze del suo pubblico in quanto fonte neutrale di informazioni stimolanti” e “di una gamma di opinioni diverse sulle questioni Ue”. Non solo, secondo le conclusioni dell’audit “Presseurop si è conformato agli obblighi contrattuali ed è andato al di là di di essi in diversi modi” e, come se non bastasse, “ sembra mettere a valore per il denaro investito in termini di obiettivi prefissati”. Insomma una utile e produttiva esperienza informativa sull’Unione europea a cui dovremo dire addio, proprio per volontà della stessa Unione europea. Un vero peccato.