L’azienda acquistava elettricità a prezzi di mercato e lo Stato le rimborsava la differenza
Per la Corte di Giustizia Ue Roma ha usato denaro pubblico per garantirle condizioni di vantaggio
Le tariffe agevolate per l’energia elettrica concesse all’Alcoa erano una violazione della libera concorrenza, e pertanto l’Italia deve recuperare dall’azienda statunitense di alluminio 295 milioni di aiuti. È quanto ha stabilito una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue secondo cui l’Italia è “venuta meno al proprio obbligo di recuperare gli aiuti di Stato”.
L’italiana Alcoa Trasformazioni srl (gruppo Alcoa) grazie a un contratto con l’Enel dal 1996 ha beneficiato di una tariffa agevolata per l’elettricità destinata a due stabilimenti, quello veneto a Fusina e quello sardo di Portovesme, chiuso da un anno con i 900 lavoratori rimasti disoccupati che lottano per il proprio lavoro. Tale tariffa, inizialmente fissata per un periodo di dieci anni, era stata autorizzata dalla Commissione europea secondo cui, all’epoca, si trattava di un’operazione commerciale ordinaria conclusa alle condizioni di mercato.
Ma poi la tariffa è stata prorogata a due riprese (prima fino al giugno 2007, poi fino al 2010) senza che venisse adattata alle condizioni di mercato. Per un periodo di tempo la tariffa agevolata è stata finanziata con denaro pubblico perché l’Alcoa acquistava energia elettrica dall’Enel e lo Stato italiano le rimborsava la differenza tra il prezzo di acquisto contrattuale e la tariffa storica. Secondo la Commissione europea queste proroghe hanno ridotto i costi operativi dell’azienda costituendo un vantaggio rispetto ai concorrenti. L’Italia in seguito a questa sentenza dovrà quindi recuperare tutti gli incentivi versati all’Alcoa, incentivi che Roma ha quantificato in 295 milioni (di cui 38 milioni di interessi).