Domani in Parlamento voto decisivo anche su Made in, poi si va in Aula. E dopo, dice la vicepresidente di Confindustria, “pretendiamo il massimo impegno del Governo”
La sicurezza dei prodotti passa anche per una buona etichettatura. Ne è convinta Lisa Ferrarini, vice presidente di Confindustria, con delega al Made in e alla lotta alla contraffazione. Ieri è stata a Bruxelles per un dibattito da lei promosso in Parlamento, più che altro un pretesto per incontrare tutti i protagonisti del difficile cammino legislativo che sta percorrendo la direttiva sulla sicurezza dei prodotti (esclusi quelli alimentari), che domani avrà un nuovo, decisivo voto in Commissione parlamentare prima di passare. Chissà quando, alla Plenaria e poi al Consiglio.
“La sicurezza per i consumatori è ovviamente un aspetto fondamentale del prodotto. Vuol dire tutto, in un giocattolo, in un abito, in un dentifricio. In questo quadro anche stabilire da dove viene un prodotto è decisivo, aiuta nella tracciabilità del prodotto, se si manifesta una criticità”, spiega in un’intervista concessa a eunews.it.
Proprio su questo punto, sulla etichettatura di origine, lo scorso anno cadde una proposta della commissione alla quale si lavorava dal 2003…
“Ora le cose sono cambiate, c’è stata la crisi, è stato necessario ripensare tutto. La questione, giustamente, è passata da una base legislativa fondata sul commercio internazionale ad una fondata sulla tutela dei consumatori, si è passati dal tutelare solo sei settori a tutelati tutti, e non ci si limita più ai prodotti importati, ma anche a quelli europei. Non è detto che una camicia prodotta in Europa sia necessariamente migliore di un’altra prodotta fuori, e dunque l’etichettatura anche dei prodotti Made in Ue è importante”.
Dunque il Made in in etichetta, prima che una questione ‘pubblicitaria’ è una questione di aiuto al consumatore secondo questa proposta elaborata dalla Commissione?
“E’ un elemento in più messo a disposizione dell’acquirente per valutare la spesa che sta considerando, che lo assiste nel decidere consapevolmente. D’altra parte questa normativa sulla provenienza dei prodotti è già adottata, con forme non identiche ma comparabili, dai nostri principali partner commerciali, gli Usa, il Giappone, la Cina, il Canada… l’Europa deve accelerare, non può restare indietro”.
L’Europa però non sembra essere compatta, le sensibilità sulla sicurezza dei prodotti sono diverse tra Nord e Sud.
“Abbiamo un solida intesa con la Francia, con al quale condividiamo le sensibilità per settori quali quello della moda. Con altri paesi, dove il manifatturiero è quasi assente, meno significativo oppure è presente ma forse più come marchio, anche ottimo, che assembla produzioni di origini diverse, ci si capisce meno. Noi invece volgiamo rafforzare il settore, vogliamo farlo crescere nei nostri confini, non vogliamo delocalizzare e crediamo che questo sia una valore importante”.
Sul fronte italiano come sono le posizioni? Siamo divisi, compatti, dubbiosi…
“C’è una grandissima unità. Il commissario all’Industria Antonio Tajani si sta battendo come un leone, e lo stesso fanno i deputati, tutti, di ogni partito, da Niccolò Rinaldi a Patrizia Toia, da Cristiana Muscardini a Raffaele Baldassare, relatore ombra del Ppe. Devo riconoscere che è davvero una bella macchina da guerra, stanno facendo tutti un lavoro eccezionale”.
Avete dunque buone speranze questa volta?
“Il 17 ci sarà questo voto che, lo dico con misurato ottimismo, ci fa ben sperare, vista la grande compattezza. Poi però si andrà in Consiglio, dai governi, dove le difficoltà sono numerosissime, e lì chiederemo uno sforzo supplementare del governo, che deve portare a casa il risultato. (Qui Ferrarini si accalora, sorridendo, ma si accalora, nda) . Deve farlo, pretendiamo il massimo impegno, lo pretendiamo!”.
Lorenzo Robustelli